Il rapporto privilegiato tra quest’opera e questo direttore affiora nella lettura tagliente e drammatica, comunque rispettosa degli aspetti più lirici. Perfetti il preludio del terzo atto e la Marie di Hildegard Behrens
Nella carriera teatrale di Claudio Abbado, Wozzeck di Berg è un’opera centrale. Fin da quando l’affrontò per la prima volta alla Scala, quasi vent’anni fa, apparve chiaro che con questa partitura Abbado aveva un rapporto privilegiato, una sintonia affatto speciale, il cui risultato fu, già al primo colpo, eccezionale. Venne poi, in anni più recenti e sempre alla Scala, una nuova conferma con l’allestimento assai discusso di Ronconi: che tuttavia condizionò, per la sua stessa macchinosità e frammentarietà, l’altissima concentrazione e maturazione dello scavo interpretativo di Abbado. Fu comunque una tappa importante, e non conclusiva; tant’è che appena approdato a Vienna Abbado non ha atteso molto prima di presentare il Wozzeck, cogliendo anche l’occasione per fissarlo su disco direttamente dal vivo, nella tensione ininterrotta – fu lui a volere che l’opera venisse eseguita tutta di seguito – di queste rappresentazioni.
Questo Wozzeck pubblicato dalla Deutsche Grammophon con eccellente tecnica di riproduzione è dunque insieme un documento di una esecuzione teatrale e un compendio delle esperienze interpretative di Abbado con quest’opera: e sia che la si consideri nell’uno o nell’altro senso si pone al vertice di quanto è lecito attendersi da una incisione discografica. Dell’esecuzione dal vivo ha tutti i pregi, la verità, la freschezza, l’emozione, la formidabile tensione; il tutto suffragato da una preparazione musicale perfetta. E ciò non può non incidere anche sulla visione che Abbado ha dell’opera e sulla sua realizzazione fissata in disco.
Senza rinunciare alla lettura tagliente, a tratti esulcerata, intensamente drammatica, lucidissima che lo contraddistingue, Abbado ha accentuato col tempo la tendenza a mettere in rilievo, del Wozzeck, anche le parti più liriche, gli aspetti più umani e intimi dei personaggi; con una carica di sentimento più forte, e una flessibilità più morbida.
Anche i tempi, senza perdere in rigore e precisione, si sono fatti più distesi, più sottilmente intrecciati fra loro; certe sospensioni – come per esempio nella ninna-nanna di Marie, o nel successivo duetto con Wozzeck – accrescono la forza espressiva del dramma, rendendolo universalmente umano: al respiro in grande dell’arco drammatico unitariamente inteso corrispondono così questi momenti di assorta concentrazione, quasi intermittenze del cuore e dell’anima colte nel loro significato rivelatore di altre ansie e altre irrealizzabili aspirazioni. Negli interludi strumentali, mai come qui peripezia e catarsi insieme della tragedia, Abbado addensa non solo strutture e forme musicali ma soprattutto profondi significati psicologici e allegorici, con impressionante verità: indimenticabile, letteralmente da brivido, il preludio del terzo atto, con la sua struggente cantilena pervasa di cosmico dolore e di rassegnazione. Raramente avevamo sentito un Abbado così partecipe di un’emozione musicale.
La qualità eccelsa di questa incisione discografica del Wozzeck si spiega anche con la naturalezza, frutto di una palese cura della concentrazione, con cui i cantanti aderiscono alla concezione del direttore; collaborando con lui per far risaltare anche la loro propria e personale interpretazione vocale. Accanto alla Behrens, una Marie semplicemente favolosa, sfilano così voci che d’ora in poi sarà difficile non collegare nella memoria a raffigurazioni ideali dei personaggi del Wozzeck.
Berg, Wozzeck; Grundheber, Zednik, Behrens, Wiener Philharmoniker, dir Abbado, Deutsche Grammophon 423 5872 (2 cd), 423 5871 (2 lp).