Aix-en-Provence – E’ scandaloso, veramente, che i nostri teatri si ostinino a ignorare un autore come Jean-Philippe Rameau (1683-1764). D’accordo, non è il solo a cui capiti. Vogliamo fare qualche nome? Il suo contemporaneo Händel; Haydn, Schubert, Spontini o Meyerbeer, per esempio. Ma nel caso di Rameau, senza dubbio il più grande compositore drammatico francese del Settecento, la cosa fa ancora più specie: giacché nel suo teatro si concentrano tutti i requisiti di spettacolarità e di godimento immediato per soddisfare e far felice qualsiasi amante dell’opera.
Se ne è avuta la conferma al Festival di Aix-en-Provence, dall’entusiasmo con cui un pubblico giunto in pellegrinaggio un po’ da ogni parte ha accolto la nuova produzione delle Indie Galanti (Les Indes Galantes, 1735) ospitata nel cortile del palazzo dell’antico Arcivescovado (e à propos: è mai possibile che solo da noi valgano le «rigorose norme di sicurezza» che impediscono l’uso di luoghi scenici particolari, suggestivi e magari adatti a certe operazioni, come questo?).
Les Indes Galantes, seconda prova teatrale di Rameau dopo la tragédie-lyrique Hyppolite et Aricie del 1733 (Rameau esordì sulle scene relativamente tardi, solo dopo aver messo a punto la riforma del genere istituito da Lully) , non è propriamente un’opera ma un Opéra-Ballet: ossia un’azione teatrale composita, che riunisce quattro episodi a sé stanti (definiti non atti, ma Entrées) ognuno dei quali ha una sua autonomia e un suo soggetto. Drammi veri e propri si alternano a commedie; così come il canto – recitativi e arie, declamati e ariosi – si alterna alla danza.
Ma nel modo in cui questi elementi sono fusi da Rameau – e qui sta il punto – agisce un senso unitario del teatro inteso come divertimento e come riflessione, in una tessitura di vertiginosa varietà e intelligenza.
Precedute da un Prologo che introduce l’argomento di fondo – il trionfo universale dell’Amore nel conflitto delle passioni umane -, le quattro Entrées si svolgono in luoghi di pura fantasia, in quell’esotico immaginario caro alla cultura francese del tempo, tra Montesquieu e Rousseau. Già i titoli sono indicativi del clima musicale e poetico: Il Turco Generoso (un tema simile ispirerà a Mozart Il ratto dal serraglio, non a caso proposto insieme in questa edizione del Festival, Gli Incas del Perù, I fiori (Festa Persiana), I selvaggi. Nella progressione dell’opera, l’ultimo episodio è il vertice drammatico: per così dire la conclusione anche ideologica, ma ironicamente ammiccante, dell’assunto. Zima, una fanciulla del1’Amazzonia contesa da un francese e da uno spagnolo, preferisce ai conquistatori un giovane della sua tribù; celebrando così il trionfo del buon selvaggio. Tutto è suggellato da una Ciaccona di proporzioni smisurate e assolutamente geniale nelle sue Variazioni: quasi a voler cementare con la più severa dottrina del comporre la molteplicità, «ingenua» e «sentimentale», dei motivi trattati.
Non si può quasi dire quanti e quali siano i tesori contenuti in questa partitura: l’ampiezza dei giri armonici – con Rameau il rapporto fra canto e accompagnamento tende a ribaltarsi in favore di quest’ultimo, vero e proprio veicolo delle passioni -, la freschezza e la duttilità del declamato melodico, l’incisività dei ritmi di danza, la novità della strumentazione, resa ancora più accattivante da prodigiosi barbarismi. Maè soprattutto la varietà dei piani espressivi e delle forme musicali, sempre funzionali ail’azione, a fare delle Indie Galanti non soltanto un capolavoro nel suo genere (mescolanza e insieme sintesi di generi diversi) ma anche un repertorio inesauribile di invenzioni teatrali.
Per renderne in modo adeguato tutti gli aspetti occorrono interpreti eccellenti, capaci di raggiungere il difficile equilibrio tra cultura, gusto e qualità specificamente tecniche. Ad Aix, ancora una volta l’orchestra e il coro Les Arts Florissants, diretti da quel mago di William Chrlstie (com’è bello sentire questa musica fluire senza rigidità metronomica e animarsi di vita il suono degli strumenti antichi),e la compagnia Ris et Danceries per gli inserti danzati , componente fondamentale dello spettacolo, hanno assolto al loro compito in maniera impagabile: coadiuvati da un gruppo, miracolosamente omogeneo, di diciassette cantanti quasi tutti giovani.
La regia dell’argentino Alfredo Arlas, su una scena fissa o contenitore non specialmente bello di Roberto Platé raffigurante l’arena di un circo (giustainente il compianto Fedele D’Amico chiedeva che l’idea del circo fosse abolita per decreto legge dagli spettacoli d’opera: né qui vale l’eccezione), puntava sul contrasto barocco dei generi per mettere in rilievo, talvolta con poche opportune incursioni nel gusto moderno, l’esilarante spirito della commedia nell’austera classicità del dramma. E davvero, al di là delle intenzioni, sembrava che Rameau avesse già scoperto tutto ciò che si può richiedere all’illusione incantevole del teatro, abolendo tempi e spazi reali. .
Festival di Aix-en-Provence, stasera e domani ultime repliche
da “”Il Giornale””