Poemetto per orchestra è stato composto nel giugno 1987 su commissione del Teatro Comunale di Bologna per la ricorrenza del trentesimo anniversario della costituzione dell’orchestra; viene eseguito ora qui in prima assoluta. Fa parte del quarto volume – I Poemi – di un ambizioso progetto in cinque volumi intitolato Il catalogo è questo, nel quale Bussotti viene assommando composizioni varie, principalmente orchestrali, in senso unitario, per così dire globalmente progressivo. Sotto questo riguardo Poemetto segue il poema per orchestra H III, recentemente ascoltato in prima europea a Bologna.
Il titolo Poemi che contraddistingue il quarto volume sottintende, con voluta ambiguità, un duplice significato, letterario e musicale; riferendosi da un lato alla forma letteraria del poema o poemetto – che Bussotti coltiva assiduamente, anche come autore, e non solo nelle sue opere teatrali -, dall’altro lato a quella musicale del poema sinfonico, e alla sua tradizione. Scopo dichiarato del compositore è riflettere nella forma musicale la forma letteraria del poema; mirando non tanto a illustrare un qualsivoglia programma, quanto a esprimere il suono stesso dell’idea di poetico, di poesia, in termini musicali, sinfonici.
Nonostante il diminutivo e la brevità, Poemetto è una composizione di ampio respiro, sia come organico (la grande orchestra, con largo uso della percussione, suddivisa in ben cinque gruppi timbricamente differenziati), sia soprattutto per la sua concentrazione formale. Si può ravvisarne il principio compositivo nella ricerca di una tensione, di natura evidentemente lirica, fra episodi solistici melodicamente espansi e sezioni a piena orchestra, di densa tessitura polifonica e complessa stratificazione timbrica. Questi episodi lirici (assoli affidati per lo più a strumenti a fiato) emergono dal pieno dell’orchestra come i versi di un poema, facendo risaltare un tratto esornativo di espressione; mentre l’orchestra nel suo assieme stabilisce il clima poetico di fondo, l’ambiente del paesaggio sonoro.
Sarebbe tuttavia errato considerare queste uscite alla stregua di valori tematici concettualmente definiti. Piuttosto essi definiscono un gesto, una suggestione, un’ispirazione, un’impressione, un colore, un’emozione; quasi per portare alla luce, dall’interno dell’orchestra, gioielli e pietre preziose, ed esercitare sull’ascoltatore un breve, lieve atto di seduzione: come è del resto tipico del Bussotti più autentico, incapace di pensare la musica al di fuori di relazioni incantate con esseri e paesaggi, tramite una sensibilità spiccatissima per le qualità preziose del suono, e dei suoi derivati timbrici.
Capace però, e forse mai come in questa fase della sua carriera, di sottoporre le proprie emozioni al controllo di una severa disciplina strutturale, per rendercele decantate e persino obiettive. In altri termini, meno provocatorie e più costruttive: quasi che, anziché chiederci di andare noi da lui ad occhi chiusi, fosse ora lui a venirci incontro, sul filo di un’espressione che rimane comunque, per Bussotti, mezzo insostituibile e primario per stabilire il contatto dell’arte. Sotto questo aspetto la partitura di Poemetto è, alla lettura, un raro esempio di chiarezza comunicativa: la conclamata esattezza della scrittura, che lascia intravedere il modello di Dallapiccola anche in certa simbologia e disposizione grafica, sull’onda di quelle memorie d’affetti che sono un altro tratto distintivo della poetica di Bussotti, è al servizio della più completa definizione compositiva; sia in rapporto all’arco formale generale, retto da una sapiente drammaturgia sinfonica, sia nella pungente incisività delle prescrizioni per l’esecuzione, tanto indicativamente dettagliate quanto non di rado «poetiche» alla lor volta. E pregne di sostanza.
Chissà. Forse l’ex enfant terrible della musica italiana, varcata da un pezzo – ahilui – la soglia delle cinquanta primavere, si è reso conto che non era più tempo solo di giocare. Le composizioni che nel rinnovato impegno con l’orchestra Bussotti ci viene conseguando nel Catalogo è questo – fino a quest’ultimo Poemetto – sono il frutto di una piena maturità, fertile di riflessioni e di nuove proposte, ma soprattutto ricca di risultati concreti; che senza aver perduto la freschezza inventiva di sempre sembrano aver ricevuto in dote un altro dono: la serenità.
Riccardo Chailly / Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna
Ente autonomo del Teatro Comunale di Bologna, Concerti sinfonici 1987-88