La lunghezza dell’attimo fuggente
Sergiu Celibidache ha fatto una rapida apparizione a Roma con i Münchner Philharmoniker per un concerto al1’auditorium di Via della Conciliazione nell’ambito della visita di Stato del Presidente della Repubblica Federale di Germania in Italia. Non l’hanno ascoltato in molti, dato che la serata era a inviti per un numero che neppure riempiva tutta la sala, ma il fatto andava comunque segnalato, e non solo perché molti ne hanno parlato. C’è da sperare che l’anatema scagliato contro l’Italia (per via delle sale da concerto che mancano, ma non solo per questo), e proprio contro Roma in particolare, sia superato da questo evento, e che dunque il leggendario Maestro ritorni presto da noi per gli appassionati che lo venerano: o proprio lui, l’intransigente, inflessibile Celibidache lancia il sasso e poi ritira la mano quando ci sono in ballo i potenti e i loro sudditi?
In tutta la sua vita Celibidache ha suscitato amori violenti e altrettanto viscerali contrasti. Vi è in lui un misto di certezze e di scetticismo che incanta, e che è consostanziale alla sua grandezza di musicista e di interprete. Le certezze riguardano il ruolo sacrale del direttore, la sua funzione di demiurgo e l’intangibilità di un rito che egli officia con i gradi, chissà in quale altra vita attribuitigli, del sommo sacerdote. Lo scetticismo è invece nel suo atteggiamento nei confronti della musica, soprattutto della grande musica, e del significato dell’interpretazione: che per lui non è soltanto un atto eminentemente creativo, che non conosce limiti e non si ferma davanti ad alcun abisso, ma una dichiarazione di sfida, provocatoria, a fermare in immagine, in suono, in poesia, tutto ciò che la musica contiene. Per questo Celibidache dilata i tempi in modo così dolorosamente concentrato: per fissare l’attimo fuggente, e possederlo in un gesto di definitiva rivelazione. Ma egli, come Faust, sa che ciò non accadrà mai. E ogni volta questa verità si comunica come fosse il piú meraviglioso degli insegnamenti, e ci lascia attoniti, trasfigurati e intimamente ritemprati. Mentre lui, Celibidache, lassù ne ghigna.
Musica Viva, n.8/9 – anno XV