Con la Prima Sinfonia in si bemolle maggiore, conosciuta universalmente col nome di Frühlingssymphonie, “”Sinfonia della primavera””, ed entrata nel catalogo delle opere col numero 38, si compie la svolta stilistica che condurrà Schumann a un’attenzione sempre maggiore per le grandi fòrme. Il maestro dell’aforisma, della miniatura, del pezzo fantastico, del ciclo vertiginoso accantona il pianoforte, protagonista di tutta la sua produzione precedente, e la voce, sua naturale estensione nel Lied, per misurarsi con la grande tradizione della Sinfonia, della Sonata, del Concerto, della musica orchestrale e da camera. L’anno in cui avviene la svolta, il 1841, segna anche una nuova condizione psicologica ed esistenziale, che può aver pesato sulla decisione di ampliare gli orizzonti della creazione per produrre opere rappresentative, esemplari in ogni singolo genere: raggiunta finalmente l’unione con Clara Wieck, l’indole inquieta di Schumann sembra placarsi, trarre giovamento dalla sicurezza del matrimonio, ch’egli certamente idealizzava, e rilanciare l’intenzione di conciliare arte e vita, imponendosi il compito “”morale”” di risanare, riparare, superare la grande crisi del secolo.
Abbozzata in soli quattro giorni, dal 23 al 26 gennaio 1841, e orchestrata nel mese seguente (la prima esecuzione ebbe luogo al Gewandhaus di Lipsia il 31 marzo di quello stesso anno sotto la direzione di Mendelssohn), la Prima Sinfonia scaturì di getto in questo clima di entusiasmo e di felice disposizione creativa. Fermentata forse dai versi finali di una poesia di un poeta minore contemporaneo, Adolph Böttger (“”Oh muta, muta il tuo corso / Nella valle rifiorisce Primavera””: in chiara consonanza con il suo stato d’animo), essa è dominata, per dichiarazione stessa di Schumann, dall’immagine della primavera còlta nelle sue manifestazioni vitali: «nata in ore ardenti», confessava a Spohr il 23 novembre 1842, la Sinfonia voleva ispirarsi «a quell’impulso primaverile che ogni anno sorprende l’uomo anche nell’età più avanzata». Senso quasi sacro di fervore vitale, quindi, che il compositore voleva suggellare con i titoli apposti ai singoli movimenti e poi eliminati subito prima della pubblicazione: rispettivamente “”Risveglio della primavera”” (primo movimento), “”Sera”” (Larghetto), “”Allegri compagni di giochi”” (Scherzo), “”Pienezza della prima-vera”” (Finale).
La soppressione dei riferimenti extramusicali e programmatici, evidentemente suggerita dal timore di una falsa interpretazione descrittiva, non tradisce affatto il carattere della Sinfonia (né, d’altra parte, nulla ad essa aggiunge la permanenza del titolo generale): giacché le impressioni, gli stati d’animo e i paesaggi che vi sono contemplati non figurano affatto come qualcosa di esterno alla musica, bensì ne sono parte viva, requisiti che arricchiscono e colorano il tessuto sinfonico, e da questo sono compendiati e trascesi (non a caso il modello di Schumann è la Pastorale di Beethoven). Sul piano formale, come dimostra l’impianto ciclico della Sinfonia, il programma è ben altrimenti garantito dalle relazioni fra i temi, fondamentalmente generati da una medesima idea principale esposta nell’introduzione, e dalla tecnica della variazione, ch’è a sua volta fondamentalmente variazione di un’idea di rigenerazione e di affermazione vittoriosa.
La Sinfonia si apre con un maestoso corale di corni e trombe, una fanfara introduttiva che si può intendere come un vero e proprio “”richiamo al risveglio”” ma che funge anche da primo elemento tematico dell’Allegro molto vivace e da nucleo principale dello sviluppo. Il primo tema, proiettato in avanti in una corsa sfrenata, lascia il posto, nel secondo, a un cullante richiamo di clarinetti e fagotti che allude a un altro aspetto della primavera, quelle della grazia aleggiante sulla natura. Da questi impulsi contrastanti – l’espansione vitale e la tenerezza lirica – nasce l’intero corso della composizione, in un disteso clima di festa collettiva e di euforia che del romanticismo schumanniano rappresenta in assoluto l’aspetto positivo e luminoso.
La serenità e la freschezza del primo movimento trovane un’altra espressione nel Larghetto, che ha la dolcezza e l’intimità di un Lied. Qui il tono si fa più sospeso e trasognato, il canto carezzevole e avvolgente, oscillante tra la sublimazione trascendentale e il ripiegamento interiore. L’atmosfera di sogno sfocia nella solennità di un corale di tromboni e fagotti in pianissimo, che prepara con uni chiara reminiscenza il passaggio al movimento successivo lo Scherzo. Qui ora tutto è danza, pulsare di ritmi, gioia d vivere e di scherzare come gli sforzati, con i loro umoristici effetti, allegramente sottolineano. L’energia insiemi paesana e borghese della lieta compagnia confluisce senza soluzione di continuità nel Finale, che per estensione e ricchezza di rapporti costituisce il vero centro della Sinfonia. La pienezza della primavera viene celebrata in un crescendo di vitalità rigenerante e appagante, che fa apparire tutto quanto precede in una nuova luce, sempre meno legata a immagini realistiche o a sentimenti terreni e sempre più prossima all’idea purificatrice di una astratta rinascita spirituale.
Christian Thielemann / Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Gestione autonoma dei concerti – Stagione sinfonica 1994-95