Giunto alla 36.a edizione, il concorso pianistico internazionale «F. Busoni» di Bolzano, uno dei più ricchi di tradizioni nel mondo, volta pagina e si rinnova. Se le due ultime edizioni erano rimaste senza vincitori, quelle immediatamente precedenti non avevano promosso, alla prova dei fatti, individualiltà di grande spicco, innescando anche qualche velenosa polemica. E vuoi per il proliferare di concorsi in ogni angolo della penisola, vuoi per l’inadeguatezza di una formula ormai sorpassata (soprattutto nell’articolazione delle prove e nella scelta dei pezzi d’obbligo) , il «Busoni» sembrava aver perso la sua vitalità e il suo prestigio. Rimaneva, certo, il fascino legato al nome del mitico pianista Busoni, uno dei sommi nella storia della moderna interpretazione; ma per esempio lo spazio riservato al musicista e al compositore in seno al concorso era quanto mai esiguo, risolvendosi tutto in una specie di premio di consolazione: come se suonare bene la musica di Busoni in una manifestazione a lui intitolata fosse questione marginale e quasi inessenziale.
La rivalutazione che di Busoni si è avuta in questi ultimi anni trova dunque eco in una delle sedi più naturali. Ciò non significa, è ovvio, che si debba pretendere di riconoscere, fra i pianisti delle giovani generazioni, il nuovo Busoni. Ma certo una maggiore chiarezza sui compiti per così dire istituzionali del concorso bolzanino non potrà non giovare alla sua identità.
Molto opportunamente si sono ampliati i tempi di preparazione delle prove finali con orchestra (il 5 e 6 settembre, con la partecipazione della «Haydn» diretta da Hermann Michael) e lasciata al candidato la possibilità, durante tutto l’arco delle prove, di predisporre un programma organico volto a definire anche una personalità interpretattva propria, magari riflettendo sul modello busoniano. Ed è questo un modo di distinguere questo dagli altri concorsi pianistici.
Quanto alla giuria, che da sola può qualificare un concorso, la presenza di Carlo Zecchi, uno degli ultimi eredi spirituali di Busoni, accanto ad Harasiewicz e Ponti, ex premiati del «Busoni» e pianisti militanti, sembra indicare una inversione di tendenza rispetto alle tanto vituperate spartizioni di poteri, più o meno occulti, che vigono in sede di concorsi: giacché una cosa è esser giudicati, anche male, da esaminatori con le carte in regola, altro fatto prestarsi a un gioco al massacro preordinato. Se l’intenzione è quella giusta, ci rallegreremo di vedere in un prossimo futuro nella giuria del « Busoni» anche un Campanella e un Brendel, tanto per fare dei nomi: in fondo si tratta soltanto di saper predisporre tempi e condizioni di lavoro appropriate al rango del concorso.
Ma qualcosa dunque si sta muovendo e potrà forse smuovere le acque un po’ stantie di manifestazioni simili, sovente logorate da un uso improprio. Intanto, è confortante notare che il nome del «Busoni» tiene. Quest’anno gli iscritti sono 171, quasi un record, provenienti da 36 paesi, con la solita massiccia rappresentanza di americani e giapponesi (rispettivamente 27 e 20) e una crescente presenza di pianisti europei (ben 15 gli italiani) . Molti di essi, ed è un dato che conta, sono già vincitori o piazzati di altri importanti concorsi internazionali.
Se il premio in lire rimane invariato (cinque milioni) , la quota dei concerti offerti al vincitore è vertiginosamente salita: sono quaranta le istituzioni italiane e straniere che si sono dette disposte ad ospitare nei loro concerti il vincitore del «Busoni». Inoltre, un disco suggellerà i risultati e le risultanze del concorso. Ed è giusto che si sia cercato di assicurare al vincitore le più ampie opportunità di farsi conoscere e apprezzare, col fregio di un nome così altisonante.
Le vicende di un concorso, si sa, sono imperscrutabili, e non sempre capita la fortuna di trovarsi di fronte, come al recente «Ciani», un Lucchesini: sta però all’onestà e alla perspicacia di una giuria non lasciarsi sfuggire indicazioni esatte, ove esse si presentino. E’ noto che all’unico concorso pianistico cui partecipò, Busoni fu bocciato: ed è appunto per questo che lo si ricorda. L’8 settembre, giorno del concerto dei premiati, sapremo non soltanto se avremo un nuovo eminente pianista ma anche se il concorso «Busoni» avrà riconquistato il ruolo prestigioso che gli compete.
da “La Nazione”