Per Brahms

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Due volumi per capire l’opera e la figura del musicista

 

I1 Brahms di Christian M. Schmidt appartiene alla collana sui «grandi compositori e la loro epoca» che l’editore tedesco Laaber ha ormai quasi completato e che 1’Edt viene gradatamente presentando anche al pubblico italiano (già è apparso, e ne abbiamo dato conto, l’importante Beethoven di Dahlhaus). Si tratta di una serie di monografie che si propongono di affrontare attraverso i massimi autori della musica, in modo sistematico, più vaste questioni di ordine non soltanto linguistico e formale ma anche culturale e storico: con particolare attenzione al tema della «Rezeption», assai caro alla musicologia tedesca, e che è ormai entrato nell’uso comune anche da noi; dove peraltro nella traduzione letterale di «recezione» ha un significato non sempre esplicito, che andrebbe reso in italiano con «modo di sentire» o «fortuna critica» a seconda dei casi.

Il chiarimento preventivo sulla metodologia adottata in queste monografie è necessario per consentire al lettore italiano di accostarvisi in maniera corretta. Al fondo sta l’idea, propugnata da Dahlhaus e proseguita dai suoi discepoli, che una trattazione basata sull’intreccio di vita e opere, in altri termini lo schema consueto delle monografie tradizionali, sia da considerare un’espressione superata della storiografia di matrice ottocentesca. La reazione allo storicismo in nome di una disciplina che separa gli eventi biografici dalla storia delle idee e della composizione per poi riannodarli nella teoria della recezione (in duplice senso: nel contesto dell’epoca propria dell’autore e di quelle successive, fino a noi oggi) è una tendenza dominante, che ha riscosso molto successo non solo in Germania. Ma vi è in essa qualcosa di artificioso, che dà sovente l’impressione di sostituire a uno schema che potremmo chiamare contenutistico, di stampo idealista, un tipo di indagine meccanicamente formalistica: dove da alcune premesse generali si traggono deduzioni analitiche, affidandosi all’applicazione di un metodo rigoroso ma astratto, e funzionante in modo autentico.

I nove capitoli in cui è strutturato il libro dello Schimdt ne offrono conferma già nella disposizione della materia e nei titoli: la posizione di Brahms nel contesto politico-sociale e il suo rapporto con la storia sono collegati alle idee del tempo, all’evoluzione della società e della tecnica e all’affermarsi della cultura e dell’etica borghese; al campo vero e proprio della composizione appartengono i capitoli sui «generi» e sulle forme: dalla Variazione, che nell’opera di Brahms riveste una speciale importanza, al Lied, nel quale il canto e lo stile popolare si fondono in un’assimilazione soggettiva di natura ideale. Nella progressiva, tarda conquista della Sinfonia l’autore vede l’influsso della musica da camera, posta al centro dell’attività compositiva brahmsiana, sotto specie di ampliamento ed elaborazione «in grande» degli stessi principi compositivi sonatistici. I capitoli sulla recezione e sulle fonti e la loro tradizione concludono il volume, collocando per così dire Brahms insieme dentro e fuori la storia: oggetto di discussione già durante la sua vita e di successive, contrastanti valutazioni sulla sua posizione nel contesto storico cui appartenne.

Solo mettendo assieme i vari tasselli del mosaico, è possibile avere una visione d’insieme della figura di Brahms. Ed è in questo senso che il libro va letto. Ne nascono però, proprio al momento della sintesi, alcune contraddizioni, che lo Schmidt registra ma non chiarisce con un proprio giudizio. Per esempio quella di un Brahms perfettamente integrato nella società borghese del suo tempo e viceversa mosso, nella sua opera di compositore, da principi e valori artistici sovratemporali e assoluti, volti a realizzarsi in un «fondamentalismo normativo-estetico che discrimina sulla qualità». Cadono così concetti come «accademico» e «classico», sovente a lui riferiti, e si afferma invece l’esigenza di individuare il suo stile nella unità di una sovrana autodisciplina formale favorita dalla strenua coscienza storica del compositore.

Se il fine dello Schmidt è soprattutto quello di porre in rilievo certi aspetti generali della personalità di Brahms, introducendo anche il discorso sul metodo dell’indagine critico-musicologica, un altro libro di recente pubblicazione e dedicato alla sua produzione strumentale offre una guida alla lettura e all’ascolto con propositi più pianamente divulgativi. La dissertazione di Francesco Bussi segue un ordine cronologico all’interno dei settori della musica per pianoforte, di quella sinfonica e da camera, soffermandosi sulle singole opere dopo un inquadramento preliminare che raccoglie una documentazione variamente intrecciata con le considerazioni dell’autore, evidentemente appassionato all’oggetto del suo studio. Questo contributo si rivela utile soprattutto come opera di consultazione, a cui attingere per avvicinarsi a Brahms e trarne sostegno per un primo contatto con le sue musiche.


 

da “”Il Giornale””

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