Giovani e musica per mettere radici europee
Una delle caratteristiche principali del Bolzano Festival Bozen, che per il primo anno raccoglie l’eredità delle principali manifestazioni della vita musicale del capoluogo altoatesino, è quella di ospitare le maggiori orchestre sinfoniche giovanili dell’Europa allargata in programmi per lo più del tardo Ottocento e del primo Novecento. Si tratta, fra l’altro, di un’iniziativa che, oltre a sfruttare il bacino d’utenza del turismo culturale gravitante intorno, offre al pubblico della città la possibilità di ascoltare il grande repertorio sinfonico in esecuzioni di alta classe, mai toccate dalla routine. La prima edizione del Festival si rinnova quest’anno con la presenza della European Union Youth Orchestra (EUYO) e della Gustav Mahler Jugendorchester (GMJO), complessi assai pregevoli creati in anni ormai lontani da Claudio Abbado che, cittadino onorario di Bolzano, del suo Festival è stato fin dall’inizio il nume tutelare e il trascinatore. Abbado non fa parte della rassegna, ma il suo spirito aleggia ugualmente nella colta impaginazione dei concerti, oltre che nell’insegnamento duraturo da lui lasciato ai giovani musicisti che nei concerti (e nelle prove preparatorie, tenute ormai tradizionalmente a Bolzano) sono impegnati.
Si comincia infatti (1° agosto, nella bella cornice del Nuovo Teatro Comunale) con due partiture di diversa eppur gigantesca concezione affidate al GMJO e all’autorevole direttore ungherese lvàn Fischer, la Suite dal balletto (o meglio pantomima) Il mandarino meraviglioso (1918-24) di Béla Bart6k e la monumentale Settima Sinfonia (1881-83) di Anton Bruckner, forse la più celebre ed eseguita della sua produzione. In entrambi i casi siamo di fronte a lavori di eccelso virtuosismo, l’una accesa da brividi visionari e da fiammate espressioniste sulla base della storia prodigiosa e sensuale del Mandarino miracolosamente invulnerabile, l’altra percorsa da aneliti alla trascendenza e da immense arcate di vasto respiro musicale e di marcata profondità espressiva (nell’Adagio l’autore rende un commosso omaggio alla morte del suo idolo, Richard Wagner). Sono pagine che in modo apparentemente opposto aprono alla modernità e al tempo stesso stabiliscono saldi legami ideali con la tradizione, capisaldi della storia della musica e testimoni del viaggio avventuroso che segna il passaggio dal crepuscolo dell’Ottocento all’alba del Novecento. Proprio in questo delicato crinale si colloca l’opera di Gustav Mahler, tanto individuale e inconfondibile nei suoi tratti personali quanto incisiva nel suo complesso sullo spirito del tempo. La presenza di Mahler al Bolzano Festival Bozen è quasi un segno di riconoscimento, certo favorito dalla speciale attività dell’orchestra giovanile che a lui si intitola. Sempre guidata dall’esperta bacchetta di lvàn Fischer, la Gustav Mahler proporrà il 3 agosto la colossale (in sei movimenti!) Terza Sinfonia (1893-96), la più spaziosa ed eclettica di questo autore e in un certo senso la più “”femminile””, non solo per la massiccia presenza di voci bianche e appunto femminili, solistiche e corali. Come in tutte le sue Sinfonie, ma in questa in modo ancor più accentuato, Mahler squaderna tutto un universo di sensazioni e di immagini che sono anche la storia della sua vita e del suo mondo, passando quasi in rassegna l’anima, il significato e il destino del suo inquieto peregrinare alla ricerca del senso della felicità: straordinario periplo di un Viandante che, parlandoci di sé, parla al cuore e alla mente di noi tutti. La Terza richiede un organico sterminato e ascoltarla rappresenta sempre un’esperienza spirituale e musicale emozionante, che arricchisce e non può lasciare indifferenti: Ferruccio Busoni, che pur l’ammirava, notava con una certa bonaria ironia che per eseguirla occorrevano “”i passeggeri dell’Arca di Noè, […] coccodrilli contralti, serpenti cromatici, uccelli del Paradiso a pedale…””. E’ appunto questo lo scenario immaginato da Mahler, e non è affatto uno scenario inverosimile.
Sarà poi la volta dell’EUYO a entrare in scena, il 5 agosto sempre al Nuovo Teatro Comunale. Contrassegno di questa presenza è una duplice tendenza, di cui il Bolzano Festival Bozen si fa portavoce. Da un lato l’attenzione posta alla musica contemporanea, qui rappresentata da una pagina, Aditus, del quarantacinquenne compositore estone Erkki-Sven Tüür, una delle voci più interessanti di quella generazione di nordici che ha in Arvo Pärt il nome di maggior spicco; dall’altro la promozione di giovani ma già decollati talenti direttoriali come Paavo Järvi, ultimo discendente di una dinastia di direttori affermati che ha in Neeme Järvi il suo capostipite. Sotto la sua guida risuonerà, a ribadire un filo rosso ben chiaramente intessuto nel festival, la Quinta Sinfonia di Anton Bruckner (1877-78), lavoro non meno monumentale della Settima ma di carattere più estroverso. Riprendendo per una volta la consuetudine di molte sinfonie classiche (Haydn, Mozart, Beethoven), Bruckner apre questa Sinfonia con una introduzione lenta prima dell’Allegro, caratterizzata a mo’ di motto da un pizzicato dei bassi e da un ampio corale degli ottoni. I pizzicati ritornano anche in apertura dell’Adagio, lirico e disteso, e infine, dopo un rapinoso Scherzo, nel complesso, grandioso Finale, dove il contrappunto, già elemento fondante in Bruckner, trova una vera e propria apoteosi: ne nasce una estesissima fuga a due soggetti che si slancia in un crescendo vorticoso verso una imponente, raggiante conclusione immersa nella luce. I nomi di Bruckner e di Mahler richiamano per naturale associazione quello di Johannes Brahms, l’ultimo grande custode della tradizione sinfonica classica. E proprio a Brahms è dedicato il concerto straordinario (9 agosto) dell’Orchestra Haydn diretta dal suo leader Gustav Kuhn: straordinario in quanto questo autore, che richiede un organico non abituale per la Haydn, può essere affrontato soltanto in occasioni speciali come quelle del Festival appunto. Di Brahms vengono offerte, tra le quattro da lui composte, le due Sinfonie dispari, l’appassionata e delicata Terza (1883) e la robusta, eroica Prima, che costò al suo autore molti anni di travaglio creativo (dal 1862 al 1876): con risultati così eccelsi da essere considerata dal critico Eduard Hanslick come legittima continuatrice del sinfonismo beethoveniano e da Hans von Bülow addirittura come la “”Decima”” per antonomasia. L’ascolto di questi due capolavori brahmsiani consentirà in breve volger di tempo di riflettere anche sulle diverse nature del sinfonismo tardo ottocentesco, attraverso il confronto tra i suoi massimi esponenti.
La musica da camera costituisce per i giovani musicisti un elemento formativo della massima importanza. In questo senso i due concerti da camera dell’Ensemble dell’EUYO (30 e 31 luglio) sono parte integrante del programma del Festival e stanno a dimostrare, oltre la bravura, la duttilità e la versatilità dei giovani musicisti dell’orchestra. Anch’essi hanno un carattere diverso ma sensibilmente complementare. Nel primo viene eseguita la Gran Partita di Wolfgang Amadeus Mozart, il pezzo più misterioso, raffinato e impressionante che sia mai stato scritto per un complesso di fiati. Destinata a un’esecuzione all’aperto (e quale miglior ambiente di Castel Roncolo per riviverne il fascino notturno), fu dedicata ai celebratissimi suonatori di strumenti a fiato dell’orchestra di Monaco: fu qui infatti che nel febbraio 1781, mentre era impegnato nelle prove dell’Idomeneo, Mozart compose questa serenata nella quale, con poesia d’atmosfere da lui stesso poche altre volte altrettanto raggiunta, indagò il timbro degli strumenti in tutte le possibili miscele e combinazioni, non senza un pizzico di bizzarria portato dalla presenza del contrabbasso a sostenere umoristicamente la compagine dei fiati. Se con Mozart si raggiungono i vertici dell’incantamento, musica da camera può significare anche gioia, diletto, festa e gioco. E in questo senso è concepito il concerto all’aperto in Piazza Domenicani, che nell’ambito del festival è un appuntamento d’obbligo per la città e i suoi turisti. I bravissimi musicisti dell’EUYO – fiati, ottoni e percussioni – si sfogheranno, con quale verve è possibile immaginare, in brani godibilissimi di autori americani, fra i quali non possono certo mancare Leonard Bernstein (finalmente riconosciuto nella sua autentica statura di grande compositore: Candide e West Side Story) e naturalmente George Gershwin. E’ facile immaginare una serata euforica all’insegna di un divertimento scatenato, elettrizzante.
Mozart torna a farla da padrone nel concerto del 4 agosto ospitato nel chiostro del Conservatorio. Protagonista ne è la Streicherakademie (Accademia d’Archi) di Bolzano con il violinista Georg Egger e il violista Hariolf Schlichtig impegnati nella notissima Sinfonia concertante (completano il programma il Divertimento K. 205 e la Sinfonia K. 319, senza direttore). Accanto alla Streicherakademie, l’Accademia Gustav Mahler, già accreditata di numerosi riconoscimenti, è una delle realtà di cui Bolzano può andare più fiera. Nata anch’essa dalla volontà indomita di Claudio Abbado, riunisce giovani talenti chiamati a Bolzano per prepararsi sotto la guida di direttori e docenti che provengono dalle migliori orchestre europee: dopo le lezioni e le prove aperte, i risultati di questa meritoria iniziativa vengono presentati al pubblico in varie forme e occasioni. Quella compresa nel Bolzano Festival Bozen è senz’altro una delle più importanti, giacché offre una vetrina prestigiosa a un impegno che ribadisce la sensibilità e l’interesse delle istituzioni culturali bolzanine per la preparazione professionale e artistica delle migliori ultime leve di musicisti, cui viene data una possibilità quasi unica di perfezionarsi e successivamente di mettersi in luce con le proprie qualità, addirittura senza intermediari.
In conclusione, quello di Bolzano è un Festival tutto sui generis che merita il plauso più incondizionato: non una rassegna purchessia di orchestre e artisti in tournées che lasciano il tempo che trovano, ma una seria e qualificata manifestazione che nasce da un progetto culturale e che intende mettere radici nella formazione e nella promozione musicale attraverso il sostegno alle compagini giovanili in un’ottica europea. Oltre a guardare al futuro nel nome della qualità più rigorosa (giacché non basta essere giovani per essere anche bravi: occorrono insegnamento e apprendimento di livello elevato), il Bolzano Festival Bozen conferma la sua attitudine a inquadrarsi in un panorama di iniziative che ha oggi ben pochi termini di confronto nel nostro Paese; non soltanto con le sue Orchestre Giovanili e con la sua Accademia, ma anche con l’Orchestra Haydn e il suo direttore stabile Gustav Kuhn: senza dimenticare il prestigio internazionale del Concorso Pianistico Ferruccio Busoni, giunto quest’anno alla cinquantacinquesima edizione, e l’eccellente attività didattica del suo Conservatorio “”Claudio Monteverdi””. Bolzano come testa di ponte verso l’Europa: un sogno che da utopia è diventato realtà.
Hübner, Gane, Järvi / EUYO; GMJO / Fisher, Stutzmann; Egger, Schlichtig / Streicherakademie; Kuhn / Orchestra Haydn Orchester; Kuhn, Tan / Orchestra dell’Accdemia Gustav Mahler
Bolzano Festival Bozen 2004