L’Ulisse di Luigi Dallapiccola è non soltanto uno dei capolavori del teatro musicale del Novecento ma in assoluto l’opera più rappresentativa e personale, la summa artistica e umana di questo autore: fu lui stesso a definirla “”il risultato di tutta la mia vita “”. Composta su libretto proprio tra il 1960 e il 1968 ed eseguita per la prima volta alla Deutsche Oper di Berlino il 29 settembre 1968 sotto la direzione di Lorin Maazel, l’opera si articola in un Prologo e due atti serrati in una struttura architettonica concentrica, nella quale le tredici scene configurano un arco basato su rigorose corrispondenze e simmetrie drammatico-musicali.
L’uso della tecnica dodecafonica consente a Dallapiccola di rispecchiare l’ordine simbolico dell’ordinamento concentrico in un sistema di relazioni tanto solidamente impiantato in una unità di fondo quanto estremamente differenziato dalle continue trasformazioni e proliferazioni del materiale seriale. Materiale che è fin dall’origine strettamente connesso con i personaggi e le situazioni del dramma.
Il libretto attinge alle fonti di una storia letteraria europea più che bimillenaria. Ma più che all’Odissea di Omero esso guarda all’interpretazione dantesca della figura di Ulisse, alla sua ansia che gli fa riprendere il mare dopo il ritorno dalla guerra di Troia: e quest’ansia interpreta nel segno della modernità (l’interrogativo sull’identità, sui rapporti col mondo e sull’appartenenza a un destino che rappresenta il tormento di ogni essere vivente) e dell’universalità della ricerca di un significato ultimo, spirituale e religioso, dell’esistenza umana. L’Ulisse di Dallapiccola non è un eroe mitico dei tempi passati ma un uomo dei nostri giorni, nato dopo Freud e compagno di strada di Joyce.
Per quanto Dallapiccola non abbia mai autorizzato l’esecuzione staccata di singoli episodi dell’opera, il desiderio di venire incontro a quei teatri che non erano in grado di metterla in scena integralmente per l’enorme difficoltà dei mezzi richiesti lo convinse a indicare la possibilità di una scelta che rendesse almeno un’idea del carattere, dei temi e dei soggetti in essa trattati. I tre brani dell’Ulisse offerti in questa suite corrispondono all’indicazione dell’autore: essi vengono eseguiti in questa forma per la prima volta in Italia come omaggio a Dallapiccola nel novantesimo anniversario della sua nascita e alle soglie del ventennale della sua scomparsa. Un ricordo reso particolarmente toccante dalla presenza di uno dei più grandi compositori del nostro tempo, il Maestro Luciano Berio, a Dallapiccola legato da speciali, sotterranee affinità artistiche e da indissolubili vincoli di affetto.
Un arco tematico all’interno del più grande arco dell’opera congiunge l’inizio con la fine del dramma. Al monologo di Calypso rimasta sola sull’isola di Ogigia dopo la partenza di Ulisse (primo episodio del Prologo) corrisponde l’ultima scena (Epilogo), con il monologo di Ulisse solo sul mare aperto.
Un grande verso del poeta spagnolo Antonio Machado, “”guardare, meravigliarsi, e tornar a guardare”” collega tematicamente queste due scene, in un percorso che si può riassumere come segue: abbandonando Calypso, Ulisse va incontro a una nuova solitudine; vagando sul vasto mare in balia delle violente burrasche scatenate da Posidone (secondo episodio, Intermezzo Sinfonico) rivive gli antichi dubbi, i tormentosi interrogativi delle sue avventure. Gli manca ancora sempre la parola, il nome che riveli il significato della vita.
“”Come per improvvisa illuminazione””, egli invoca il nome di Dio, ponendo fine alla sua solitudine. Il congedo di Calypso (“”Son soli, un’altra volta, il tuo cuore e il mare””) si muta così, nell’ultima esclamazione di Ulisse, nella rivelazione della fede: “”Signore! Non più soli sono il mio cuore e il mare””.
Luciano Berio / Orchestra sinfonica nazionale della RAI
Orchestra sinfonica nazionale della RAI, Stagione sinfonica 1994-95, 7° Concerto