Ludwig van Beethoven – Coriolano, ouverture op. 62
Nel piano dei tumulti spirituali e compositivi che segnarono la nascita della Quinta Sinfonia, e precisamente nel 1807, Beethoven scrisse per la tragedia «Coriolano» di Heinrich Joseph von Collin (1771-1811), un autore che godeva ai suoi tempi di una certa fama avallata perfino dall’interesse di Goethe, una Ouverture in do minore, fosca e tragica, possentemente drammatica, vero e proprio geniale codicillo della grande «Sinfonia del destino». Anche se l’Ouverture, pubblicata nel 1808 come op. 62, fu eseguita nel dicembre 1807 a parte dalla tragedia cui era destinata (essendo il «Coriolano» di Collin già andato in scena il 24 aprile dello stesso anno), Beethoven non fece mistero, dedicando a Collin la partitura, della sua ammirazione per un’opera che, se confrontata con il ben altrimenti significativo capolavoro di Shakespeare, ci appare di una ingenuità e una schematicità sconcertanti, tanto da chiedersi se non fossero altre, piú profonde e intime, le suggestioni a cui Beethoven si abbandonò nel comporre questa Ouverture. Se ne dovette accorgere anche Wagner il quale, in uno scritto pubblicato a Zurigo nel 1851, immaginò addirittura che l’Ouverture fosse stata composta per la tragedia shakespeariana, costruendo su tale supposizione una delle sue interpretazioni piú fantasiose e capziose: «Possiamo concepire tutte le opere sinfoniche di Beethoven come rappresentazioni di scene tra l’Uomo e la Donna, in quanto abbiamo il diritto di ritrovare l’archetipo di queste scene nella Danza, dalla quale, in realtà, è derivata la forma d’arte musicale della Sinfonia. Il «Coriolano» è una di queste scene. Tutta l’Ouverture potrebbe legittimamente essere considerata come l’accompagnamento musicale di un’azione pantomimica fondata sul contrasto tra Coriolano, immagine dell’Uomo, forza portentosa, orgoglio indomabile, e la madre e la sposa, immagini della Donna, grazia, dolcezza, tenera dignità. Noi vediamo i gesti con i quali Coriolano interrompe le suppliche femminili, le alternative del suo rimorso, del suo orgoglio, del suo furore con gli atti delle preghiere, delle suppliche della Donna, e infine le esitazioni dell’Uomo, la sua commozione e la decisione eroica di sacrificare l’orgoglio e la sua stessa vita alla patria».
Lasciando da parte il forzato tentativo wagneriano di fare di Beethoven quasi un precursore del dramma musicale, si deve riconoscere nella Ouverture del «Coriolano» una delle pagine piú esemplari del sinfonismo epico ed eroico di Beethoven, in una temperie espressiva che, come scrive Carli Ballola, «lungi dal condizionarsi agli schemi di un facile descrittivismo psicologico, scaturisce dalla mirabile identificazione delle leggi di un discorso musicale rigorosamente autonomo (quali le strutture della forma-sonata) con le leggi di quei ‘principi opposti che governano il mondo’ del pensiero kantiano ». Tale clima di severa drammaticità si palesa già nell’esordio dell’opera, uno di quegli incisi plastici che fanno esclamare a una sola voce: «Ecco Beethoven!». All’irrequietudine incalzante del primo tema si contrappone il nobile lirismo, soavemente supplichevole, del secondo tema in mi bemolle; poi è tutto uno scatenarsi di contrasti e conflitti drammatici di inaudita pregnanza che concludono sull’inciso tragico dell’inizio, trascolorato, prima di spegnersi definitivamente, nel sinistro bagliore del registro grave degli archi.
Günter Neuhold / Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Ente autonomo del Teatro Comunale di Firenze, Concerti 1979/80