Johannes Brahms – Serenata n. 1 in re maggiore op. 11
Le due Serenate per orchestra furono i primi lavori sinfonici di Brahms a essere pubblicati. Quella in re maggiore, la prima, era stata concepita come opera da camera per quartetto d’archi, flauto, due clarinetti, corno e fagotto, e in questa forma era stata inviata dall’autore agli amici Grimme e Joachim, che l’avevano fatta eseguire durante un concerto privato ad Amburgo il 28 marzo 1859. Fu probabilmente l’ascolto di questa esecuzione a convincere Brahms che sarebbe stata preferibile una versione orchestrale del lavoro. La Serenata fu tenuta a battesimo nella sua stesura definitiva ad Hannover il 3 marzo 1860 sotto la direzione di Joseph Joachim.
Questo primo lavoro sinfonico rappresenta meglio di ogni altro l’atmosfera serena degli anni del soggiorno di Brahms a Detmold (1857-60), e in un certo senso conclude la stagione creativa giovanile aprendo nuovi orizzonti al comporre brahmsiano. Vi confluiscono tutti i modelli classici studiati in quel periodo, Haydn e Mozart ma anche il Beethoven del Settimino e lo Schubert dell’Ottetto; eppure la volontà dichiarata di riallacciarsi al passato della tradizione classica già convive con alcuni caratteri peculiari della futura maturità. Il regolato e graduale atteggiamento compositivo di Brahms preferisce accostarsi al genere sinfonico attraverso un lavoro di chiara derivazione cameristica e che conserva nella scrittura lineare, con un peso decisivo a favore del settore dei fiati, molti tratti della sua destinazione originaria.
Uno sguardo anche sommario ai sei tempi della composizione conferma la splendida ambiguità del “”disimpegno”” di questa Prima Serenata. Il primo tempo, Allegro molto, come nei modelli prescelti, è il più denso ed elaborato, costruito in una rigorosa forma-Sonata.
Straordinario l’inizio: su un pedale di quinte vuote delle viole e dei violoncelli, quasi popolaresco bordone con esempi evidenti nello stile classico, si leva il primo tema festoso alternato tra corno e clarinetto. Il secondo tempo è uno Scherzo in re minore costruito su un sinuoso tema cromatico. Il carattere irrequieto e tenebroso, a tratti aperto verso movenze di valzer, si dissolve nel Trio, in si bemolle maggiore, che evoca una rustica gaiezza popolare. L’Adagio non troppo, forse la pagina più intensa di tutta la Serenata, predilige i colori velati e caldi di un notturno. Il quarto tempo è formato da due Minuetti: nel primo la coppia dei clarinetti espone un tema di chiara derivazione mozartiana su un basso ossessivamente ripetitivo del fagotto e poi dei violoncelli; nel secondo una bellissima melodia dei violini si espande in un clima tenero e appassionato. Segue un breve Scherzo, basato su cavallereschi temi di caccia dei corni che nel Trio assumono il carattere spensierato e infantile di un girotondo. Infine, l’Allegro conclusivo è un Rondò costruito su un ritmo baldanzoso di marcia intervallato da episodi contrastanti anche se riconducibili a variazioni dell’idea principale, a sua volta ricollegabile all’incipit dell’Adagio. Con la riaffermazione di una solidità strutturale di stampo classico Brahms sigilla dunque l’ultimo capolavoro della sua giovinezza.
Franco Caraccioli / Orchestra sinfonica della Rai di Torino
Auditorium “G. Agnelli” Lingotto di Torino, Stagione sinfonica pubblica 1985-86