Johann Sebastian Bach – Preludio e fuga in mi maggiore BWV 878 (dal II volume del Clavicembalo ben temperato); Fantasia in la minore BWV 922; Suite francese in sol maggiore BWV 816
«All’edificio della musica Johann Sebastian Bach recò massi giganteschi, saldandoli in fondamento incrollabile. E là dove pose le basi del nostro odierno indirizzo compositivo è anche il punto di partenza del moderno pianismo. Sorpassando la sua epoca di generazioni, Bach sentiva e pensava in dimensioni a cui i mezzi espressivi dell’epoca non erano adeguati». Queste parole, scritte da Ferruccio Busoni nella introduzione alla sua edizione del Clavicembalo ben temperato, sono indicative di un tipo di ricezione caratteristico non soltanto del grande pianista e geniale trascrittore Busoni ma anche dell’epoca di cui egli rappresenta, dopo Liszt, l’apice. Le tre composizioni di Bach qui presentate rappresentano a loro volta tre diversi aspetti dell’arte bachiana in grado di offrire al mezzo pianoforte, e proprio in un senso busoniano, molteplici possibilità espressive e di ricerca tecnico-strumentale.
Il Preludio e fuga in mi maggiore dal II libro del Clavicembalo ben temperato è un esempio illuminante della dottrina del comporre bachiana, nella quale l’astrazione del linguaggio musicale da ogni specifico strumentalismo conduce a esplorare le leggi assolute della composizione pura, ricca tuttavia d’incalcolabili ammaestramenti poetici e musicali. La Fantasia in la minore, del 1710 circa e per lungo tempo considerata di attribuzione dubbia, condensa passaggi liberi in forma di Preludio con una capillare elaborazione di due figure tematiche principali, e delinea l’immagine, cara all’Ottocento, di un Bach precursore di atteggiamenti e modi di pensare romantici. La Suite francese in sol maggiore, quinta della raccolta di sei risalente agli anni centrali del periodo di Köthen (attorno al 1720), introduce elementi di piacevolezza e scorrevolezza che, pur nella loro semplice struttura apparentata allo stile francese (ma questa qualifica non è originale), sottendono notevoli difficoltà tecniche. Alle quattro danze rituali proprie della Suite strumentale (allemande, courante, sarabande, gigue) si aggiungono, prima dell’ultima, tre danze intermedie (gavotte, bourrée e loure), dove l’indicazione «nazionale» si rispecchia nella gaia inventiva dello stile compositivo.
Michele Campanella
Sala Verdi del Conservatorio di Milano