Jean Sibelius – Illalle; Demanten på marssnön; Svarta Rosor

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Jean Sibelius, il maggior compositore finlandese di ogni tempo, può essere considerato, nonostante la sua lunga vita percorra tutta la prima metà del Novecento, un rappresentante del tardo romanticismo ottocentesco. Il suo interesse per le radici della musica nazionale (il canto popolare e l’epopea mitica del Kalevala) è altrettanto importante, in tutta la sua produzione, del tentativo compiuto, nelle sette Sinfonie, nei poemi sinfonici e nelle musiche di scena, di sviluppare una concezione sinfonica personale e autonoma in contrapposizione al pittoresco: sotto questo profilo Sibelius, musicista eminentemente nazionale ma non folclorico, non solo subì la crisi di un passaggio d’epoca (dal 1930 fino alla morte smise praticamente di comporre) ma acquistò anche una dimensione europea.

Centro ispiratore di tutta la poetica di Sibelius è il tema della natura, inteso come atmosfera morale, come luogo dell’anima, come mezzo di identificazione e di riconoscimento. «La natura che parla all’uomo con le sue voci primordiali e che lo riempie di ammirazione e di tristezza», secondo un’espressione dello stesso compositore. Questo tema pervade l’intera opera di Sibelius e trova espressione allo stato più puro nelle liriche per canto e pianoforte, tutt’altro che secondarie nella sua produzione. Sibelius musicò in questa forma un centinaio di poesie, per lo più in lingua svedese, la lingua della cultura nella quale era cresciuto, in un arco di tempo che va dalla giovinezza (i primi anni Ottanta dell’Ottocento) alla maturità (gli ultimi cicli sono del 1917-1918). Definire Lieder queste composizioni sarebbe fuorviante. Sibelius non si rifà alla grande tradizioni tedesca del genere (anche se Brahms in alcuni casi fa capolino: ed è già un riferimento significativo) e cerca invece una propria cifra musicale fortemente radicata nell’idioma linguistico, finnico o svedese che sia, e nel tono popolare nazionale. Il suo stile è semplice e diretto, concentrato sulla linea musicale e sulle sue rinfrangenze sonore, che spesso ne sono spontaneo riflesso. L’accompagnamento pianistico è in generale funzionale al canto sul piano armonico e “”climatico”” su quello timbrico, raramente descrittivo o naturalistico, semmai evocativo e suggestivo. Vi predominano un senso di compostezza severa e di panico mistero, un misto di stupefatta fissità e di inquieta introversione, di abbandono e di tremore, che tendono impercettibilmente a trascolorare della luce fredda, tagliente dell’aurora alle ombre crepuscolari, nebbiose della notte.

Questi caratteri, che non esauriscono la varietà e la sensibilità del mondo poetico di Sibelius, sono ben rappresentati dai tre brani scelti per questo programma. Illalle (A sera), su testo di A. V. Forsman, del 1898, è il penultimo dei sette pezzi che compongono l’opera 17, in parte poi strumentata per orchestra: una serie di delicati bozzetti che dipingono stati d’animo dell’immaginario popolare rifacendosi a spunti fiabeschi e a sfumate atmosfere nordiche; Demanten på marssnön (Diamante sulla neve di marzo), op. 36 n. 6 (1899), su testo di Julius Wecksell (1838-1907), considerato una sorta di Heine scandinavo, rispecchia un’immagine cristallina in una linea melodica di intensa purezza, assai semplice e immediata, resa più assorta dalla meditata staticità dell’accompagnamento pianistico; Svarta rosor (Rose nere), che apre lo stesso ciclo su testo di uno dei più noti poeti svedesi, Ernst Josephson (1851-1906), è quasi l’illustrazione di un quadro di Munch, un interno con natura morta dove il soffio della vita sembra aver lasciato solo un lontano ricordo della gioia.

Karita Mattila, Tuija Hakkila
Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Stagione di musica da camera 1999-2000

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