Il Venerabile? E’ Sarastro

I

Magia del flauto

Mozart entrò nella Massoneria il 14 dicembre 1784, nella.piccola ma prestigiosa loggia chiamata Beneficenza, che operava all’interno della più grande e influente loggia detta della Vera Concordia, fondata dal maestro venerabile Ignaz von Born, illustre scienziato, scrittore e mineralogista: figura di spicco adombrata nel personaggio di Sarastro del Flauto magico. Proprio l’opera tedesca, l’ultimo grande successo di Mozart in teatro, contiene idee, simboli e costumi legati al rituale massonico: ed è probabile che componendola nel 1791, in un momento di incertezza per la sopravvivenza stessa della massoneria in Austria (dopo il regno di Giuseppe II, tollerante nei suoi confronti, l’ascesa al trono di Leopoldo II faceva temere tutt’altro atteggiamento), Mozart e il librettista Schikaneder, entrambi framassoni, si proponessero di difendere l’Ordine con un’opera ispirata ai suoi ideali liberali e umanitari.

Che Mozart ne fosse profondamente permeato, che la sua adesione alla massoneria non fosse dettata da motivi soltanto pratici, di carriera, è indubitabile. Certo, più volte nel corso degli anni viennesi chiese aiuto ai confratelli per far fronte a difficoltà finanziarie, e trovò proprio nel tesoriere della Vera Concordia, Michael Puchberg, un amico devoto che lo sostenne anche economicamente in molte situazioni precarie. Ma alla vita della loggia, nei suoi aspetti per così dire istituzionali, partecipò attivamente e con convinzione, sia come assertore delle teorie che l’animavano sia come compositore di musiche destinate alle sue riunioni: di cui almeno una, la Musica funebre massonica K. 477, scritta nel luglio 1785 per una cerimonia commemorativa di due confratelli defunti, occupa un posto artisticamente rilevante nel suo catalogo.

D’altronde, per capire l’importanza e l’estensione della massoneria nell’Austria di quel periodo basta scorrere gli elenchi degli affiliati: vi compaiono nomi eminenti non solo di aristocratici, funzionari dello Stato, ufficiali, diplomatici, banchieri e commercianti ma anche di scrittori, artisti e musicisti. Quasi contemporaneamente a Mozart vi entrò a far parte Haydn; e lo stesso padre di Mozart, Leopold, fu repentinamente convertito in occasione della sua visita al figlio nella primavera del 1785. L’élite intellettuale viennese si riconosceva negli ideali filosofici della massoneria: nella tensione della lotta contro le ristrettezze spirituali e le ingiustizie sociali, nei principi di solidarietà e di fraterna uguaglianza propugnati con il pensiero e con l’azione. Forse Mozart non era in grado di seguire fino in fondo quelle speculazioni; ma la sua adesione fu spontanea e partecipe proprio nell’aspirazione ad affrancarsi da ogni dogmatismo morale e religioso da un lato, dall’oppressiva grettezza delle convenzioni sociali dall’altro. Ad attrarlo erano anche altre suggestioni: il cerimoniale segreto, la solennità di incontri iniziatici in un ambiente intimo e amico, i riti allegorici nei quali la musica, nel silenzio della parola, sondava le profondità misteriose della fede e della ragione, illuminando l’utopia della felicità.

Una lettura del Flauto magico sotto specie massonica è limitativa ma ineludibile. Le simmetrie molto evidenti di cui l’opera è costellata, dal numero tre simbolo massonico allo svolgersi dell’azione in un processo di purificazione dalle tenebre alla luce, sono in funzione di un percorso teatralmente stratificato nel quale il tema dell’iniziazione conduce beneficamente alla conquista di una nuova, più alta consapevolezza. Mozart cala i principi della massoneria nell’affermazione di valori provvidenziali, sacri, e li rivela, oltre la morte, a ognuno dei suoi simili.

da “”La Voce””

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