Igor Stravinsky – Histoire du Soldat, suite da concerto
1. La marcia del Soldato
2. Il Violino del Soldato
3. Marcia reale
4. Piccolo concerto
5. Tre danze: Tango, Valzer, Ragtime
6. Danza del Diavolo
7. Corale
8. Marcia trionfale del Diavolo
Durante la prima guerra mondiale Stravinsky e la sua famiglia presero stabile dimora in Svizzera, dove da alcuni anni erano soliti trascorrere gran parte dei mesi autunnali e invernali. La situazione bellica non impedì al compositore di continuare a creare intensamente mantenendo quei contatti internazionali, soprattutto con l’Italia e con Parigi, che erano stati avviati ne-gli anni precedenti. Solo dalla Russia, suo paese natale, Stravinsky rimase irrimediabilmente tagliato fuori. Lo scoppio della rivoluzione russa nel 1917 rese questo distacco definitivo, privandolo delle ultime risorse che gli giungevano ancora di tanto in tanto dalla sua patria. In breve anche la situazione economica si fece intollerabile; ed amici svizzeri come lo scrittore Charles Ferdinand Ramuz e il direttore d’orchestra Ernest Ansermet, con i quali Stravinsky aveva stretto un sodalizio artistico, non erano meno provati dalle circostanze. Occorreva trovare una via d’uscita. Fu allora che Stravinsky e Ramuz pensarono di far fronte alla pesante situazione creando un lavoro per una specie di piccolo teatro ambulante facilmente trasportabile da una località all’altra e che si potesse presentare anche nei villaggi: Ansermet sarebbe stato il direttore dell’impresa e il pittore locale René Auberjonois l’autore delle scene e dei costumi.
La «folle iniziativa», come la chiama Stravinsky nella rievocazione delle Cronache della mia vita, poté mettersi in moto grazie al sostegno del mecenate svizzero e clarinettista dilettante Werner Reinhart di Winterthur, che garantì la copertura finanziaria. Nel marzo 1918 i due amici si misero al lavoro. Ramuz, che non era uomo di teatro, non se la sentiva di scrivere un vero libretto d’opera; e d’altro canto le condizioni esecutive messe in preventivo sconsigliavano qualcosa di troppo complicato o sofisticato. Ci si accordò dunque per un’azione semplice e facilmente comprensibile che richiedesse pochi strumentisti e pochissimi personaggi, e che potesse essere letta, suonata e danzata come una sorta di narrazione mimata, fornita di musica d’accompagnamento indipendente dal testo e utilizzabile anche in concerto.
Si trattava ora di trovare il soggetto. Stravinsky, particolarmente in quegli anni di esilio, si era entusiasmato alla rilettura dei racconti popolari russi della celebre raccolta di Aleksandr Afanaseev, da cui era nata poco prima, e proprio in collaborazione con Ramuz, la versione francese della «storia burlesca da cantare e recitare sulla scena» Renard. Per il nuovo lavoro teatrale essi si indirizzarono sul ciclo di leggende riguardanti le avventure del soldato insidiato dal diavolo che, coi suoi raggiri, ottiene infine la sua anima. Questo ciclo, spiega Stravinsky, era stato ricavato da storie popolari all’epoca della recrudescenza della guerra russo-turca sotto il regime di Nicola I; e per quanto questi racconti avessero un carattere specificamente russo per l’ambiente e le situazioni che vi sono descritte, i sentimenti che vi sono espressi e la morale che se ne trae consentivano una interpretazione universale riferibile a tutti i paesi e a tutte le epoche, massime in tempi segnati dalla guerra. Ma fu soprattutto questo lato essenzialmente umano della tragica storia del soldato conquistato dal diavolo, evidente variante della leggenda di Faust, a interessare e sedurre i due collaboratori.
Un problema di non poca importanza era costituito dalla scelta dell’organico, che doveva tenere conto della modestia dei mezzi a disposizione. La soluzione più semplice – uno strumento polifonico come il pianoforte e l’armonium – fu scartata da Stravinsky per motivi opposti: se l’armonium era troppo povero dinamicamente, il pianoforte avrebbe finito per richiedere un certo tasso di virtuosismo assolutamente inadatto allo scopo. Non c’era dunque altra soluzione che fissarsi su un gruppo di strumenti ridotto sì, ma rappresentativo delle diverse famiglie strumentali nel registro acuto e grave: per gli archi, il violino e il contrabbasso; per i legni il clarinetto (che ha la maggiore estensione di registro) e il fagotto; per gli ottoni la cornetta a pistoni e il trombone; aggiungendovi infine un nutrito e ben differenziato numero di percussioni suonate da un solo batterista. Questo «condensato» di orchestra comprendeva in tutto sette esecutori, più il direttore. Per incorporare un elemento già di per sé teatrale, valorizzato dalla scrittura concertante e quasi «gestuale» della partitura, Stravinsky stabilì che gli strumentisti dovessero essere collocati bene in vista al pubblico, da un lato della scena. Dall’altro lato un piccolo palco per il narratore; nel mezzo la scena nella quale si svolgeva l’azione recitata e danzata. E questi tre elementi, strettamente collegati fra di loro, ora dovevano succedersi alternativamente ora combinarsi a formare un tutto.
Il libretto e la partitura della Histoire du Soldat furono terminati nell’estate 1918; immediatamente furono presi contatti per assicurarsi il teatro di Losanna per la prima esecuzione, fissata per la fine di settembre. Gli interpreti non potevano essere cercati che in loco: Ansermet, con la sua autorità, pensò agli strumentisti; occorrevano inoltre tre attori per le parti recitate del Soldato, del Diavolo e del Narratore, e due danzatori per quelle del Diavolo (che oltre a recitare balla) e della Principessa: i primi tre furono trovati fra gli studenti dell’Università di Losanna, gli altri due, per un colpo di fortuna, in Georges Pitoëff e in sua moglie Ludmila, danzatori di professione, che vivevano a Ginevra. Costoro si assunsero anche la direzione di scena.
Un gruppo eterogeneo, ma molto unito ed entusiasta, si apprestava così a dare vita a una delle più geniali e avventurose creazioni del teatro musicale novecentesco. Dopo molte e svariate prove con attori e musicisti (Stravinsky in persona concertò con la Pitoëff le danze della Principessa) si giunse alla prima rappresentazione al Teatro Municipale di Losanna, il 28 settembre 1918, che ottenne grande successo e fu ricordata da Stravinsky nelle Cronache con soddisfazione e dovizia di particolari. Dalla stessa fonte si apprende come il progetto iniziale di un teatro ambulante che voleva andar lontano, attraverso la Svizzera, venisse frustrato dall’epidemia di spagnola che imperversava allora in Europa. Uno dopo l’altro musicisti, attori, macchinisti, gli autori e le loro famiglie, persino gli agenti che dovevano occuparsi della tournée caddero ammalati. Una beffarda vendetta del diavolo? Ad ogni modo, aggiungerà tagliano corto Stravinsky, «così svanirono le nostre belle speranze».
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L’Histoire du Soldat non è un’opera nel senso tradizionale del termine, poiché nessuna parola del testo viene mai vera-mente cantata. L’azione si svolge attraverso l’esposizione del Narratore e il dialogo fra il Diavolo e il Soldato; soltanto nella quarta scena (il gioco delle carte) il Narratore interviene direttamente nel dialogo. La musica non si limita a intercalare questi momenti e ad essere accompagnata dai gesti mimici e dalla danza, ma si inserisce ad incastro nell’azione quando il Narratore o il Diavolo parlano liberamente o secondo un ritmo precisato sovrapponendosi ad essa: e ciò avviene negli episodi salienti, per così dire nei nodi drammatici dell’azione. Ne risulta che la funzione della musica non è concepita né come una suite di numeri separati dall’azione né come semplice supporto alla scena, ma come mezzo di individuazione drammatica e di ulteriore esplicazione dei caratteri della storia.
Per quanto la suite da concerto, come si è visto prevista da Stravinsky fin dall’inizio (eseguita per la prima volta a Londra nel 1920 da Ansermet), distrugga la totalità di questo singolare esperimento di teatro, la conoscenza della storia è essenziale per la sua comprensione. L’azione è divisa in due parti, ciascuna di tre scene. Ne diamo qui un breve riassunto.
Il Soldato, tornando al suo villaggio natale per una licenza di quindici giorni, è avvicinato dal Diavolo travestito. In cambio del violino del Soldato, il Diavolo gli dona un libro magico e lo invita a passare tre giorni con lui. Il Soldato accetta (scena I). Raggiungendo il suo paese natale, il Soldato scopre che non è stato lontano tre giorni ma tre anni. Riappare il Diavolo, che lo spinge a far fruttare le portentose ricchezze del libro magico (scena II). La ricchezza non ha dato la felicità al Soldato. Il Diavolo, sotto nuovo travestimento, va a fargli visita e gli mostra le sue merci, fra cui il violino un tempo appartenutogli. I1 Soldato vorrebbe ricomprarlo, ma, scoprendo che non può trarne alcun suono, lo getta via e distrugge il libro (scena III e fine della prima parte).
Ridotto in povertà, il Soldato giunge in una città straniera dove la figlia del Re è malata: il padre ha promesso la sua mano a chiunque sappia guarirla. Il Soldato incontra il Diavolo travestito da virtuoso di violino e gioca a carte con lui: perde tutti i suoi beni residui ma riesce a recuperare il suo violino facendo bere il Diavolo finché non perde i sensi (scena IV). Entrato nella camera della Principessa, il Soldato suona il suo violino: la Principessa si alza e danza un tango, un valzer e un ragtime, cadendo alla fine nelle braccia del Soldato. Durante l’abbraccio, entra il Diavolo vestito delle sue sembianze reali (con la coda biforcuta e le orecchie a punta). Con l’aiuto del violino, il Soldato lo riduce nuovamente all’impotenza (scena V). Dopo il matrimonio con la Principessa, il Soldato ha nostalgia del suo paese natale e decide di visitarlo. Ma, appena passata la frontiera, ricade in potere del Diavolo, che gli sottrae il violino. Vinto, il Soldato segue il Diavolo molto lentamente, ma senza più opporre resistenza (scena VI).
Rispetto alla partitura completa, che si compone di diciannove episodi musicali per un totale di undici numeri (alcuni di essi sono infatti ripetuti più di una volta), la suite di concerto consiste di otto pezzi ordinati come segue (i numeri romani si riferiscono alle scene a cui essi corrispondono):
1. La marcia del Soldato (Introduzione a I)
2. Il Violino del Soldato (I)
3. Marcia reale (Introduzione a IV)
4. Piccolo concerto (IV)
5. Tre Danze: Tango, Valzer, Ragtime (V)
6. Danza del Diavolo (V)
7. Corale (V)
8. Marcia trionfale del Diavolo (VI)
Anche da questa distribuzione si può capire che, mentre durante l’esposizione degli argomenti principali della vicenda nella prima parte gli interventi musicali sono limitati e basati sulla ripetizione degli stessi numeri musicali (come il bellissimo «Lento» della II scena che descrive la tristezza del Soldato), nella seconda parte, aperta dalla ripresa variata dalla Marcia del Soldato, l’invenzione musicale si fa più serrata e incalzante, quasi capovolgendo il rapporto fra testo e musica: nel senso che qui spetta alla musica farsi agente del dramma per racchiuderlo e poi svilupparlo nell’intreccio dei suoi elementi e nell’elaborazione delle sue figure.
Il linguaggio musicale dell’Histoire du Soldat segna un distacco dallo spirito della produzione russa di Stravinsky e si apre alle più svariate esperienze, quasi anticipando, ma per così dire in maniera informale, certi attributi della più tarda fase neoclassica. Queste esperienze vanno da elementi del ragtime nordamericano al tango argentino, dal pasodoble spagnolo (parodiato nello stile della Marcia reale) al valzer viennese, dalle fanfare delle bande di paese svizzere ai severi corali bachiani. Solo il motivo del violino, che percorre l’intera partitura simboleggiando l’anima del Soldato nella sua lotta col Diavolo, conserva una avvertibile intonazione russa e si contrappone alle interpunzioni della percussione, che caratterizzano la presenza multiforme del Diavolo e la sua vittoria finale.
Ma, come lo stesso Stravinsky ricorda nei suoi colloqui con Robert Craft, l’esperienza decisiva per lo stile compositivo dell’Histoire du Soldat fu la scoperta del jazz americano: «La mia conoscenza del jazz si basava unicamente su qualche foglio di musica stampata, e dal momento che non avevo mai sentito nessuna esecuzione di quella musica ne adottavo lo stile ritmico non secondo la maniera in cui veniva suonata, ma secondo quella in cui era scritta. Potevo comunque immaginarmi il suono del jazz, o perlomeno così mi piaceva pensare. Il jazz a ogni modo significava la possibilità di un suono totalmente nuovo nella mia musica, e l’Histoire segna la mia rottura definitiva con la scuola orchestrale russa nella quale ero stato allevato».
Se già il gruppo strumentale dell’Histoire du Soldat ricorda quello tipico della jazz-band (con il fagotto al posto del sassofono, che Stravinsky preferiva nelle combinazioni orchestrali), è nel ritmo che si manifesta soprattutto l’influenza di questo stile. Si tratta però di un’influenza solo iniziale, uno stimolo che Stravinsky elabora nella maniera più completa per spezzare la simmetria dell’articolazione metrica e per creare una sorta di contrappunto ritmico dalle più varie sfaccettature. E lo stesso discorso vale in fondo per la strumentazione, capace con pochi mezzi di realizzare prospettive sonore di incisiva efficacia (specialmente nei passi grotteschi e demoniaci), sia negli effetti solistici (ogni strumento si può dire assuma un carattere individuale marcato, inerente alla situazione drammatica) sia nelle combinazioni d’insieme (come nel Corale, che riproduce il suono massiccio di un organo barocco).
La frammentazione ritmica e la stessa brillantezza delle invenzioni strumentali pongono in secondo piano la componente armonica e la configurazione tematica. La maggior parte del materiale musicale è diatonica e chiaramente basata sui modi maggiore e minore; ma la fusione di esso nell’elaborazione compositiva si spinge assai lontano verso la politonalità, puntando anche sugli effetti «fuori misura» delle dissonanze. Un caratteristico addensamento cromatico si ha nello sviluppo del tema principale della Marcia del Soldato, che combinato con l’ostinato ritmico del contrabbasso accresce la fretta impaziente del Soldato che torna a casa; invece la prima apparizione del Diavolo è sottolineata da una melodia del clarinetto di stravagante sapore orientale, che ben si presta ad eccitare l’immagine di qualcosa di soprannaturale e misterioso.
La libertà con cui Stravinsky fa uso di questi mezzi così eterogenei mira ad ottenere la massima evidenza rappresentativa. Ed è indubbio che ogni ascoltatore o spettatore capisca immediatamente ciò che sta succedendo e che cosa voglia dire o aggiungere o dipingere la musica, ad onta della sua interna complessità: lo capisca per così dire per comunicazione diretta. I1 fatto che la quasi totalità dei numeri musicali siano marce o danze o canzoni, ognuna caratterizzata con connotati precisi sia in sé sia in funzione del racconto, incrementa ulteriormente la qualità della comprensione. Non per questo l’Histoire du Soldat è un’opera facile e spensierata, dall’assunto gradevole (soprattutto negli anni in cui fu composta e pensando ai reduci che, come il Soldato, si apprestavano a tornare a casa dopo il bagno di sangue) e dal linguaggio propriamente elementare. Certo è che Stravinsky guardava con simpatia al suo pubblico, e, se la spagnola glielo avesse consentito, con la sua favola russa riemersa dall’infanzia e trasposta su valori umani universali avrebbe potuto dare gioia e conforto a quegli stessi da cui sperava di avere, in cambio, sollievo e aiuto.
Diego Masson / London Sinfonietta
Ente autonomo del Teatro Comunale di Firenze, 67° Maggio Musicale Fiorentino