Igor Stravinskij – Jeu de cartes, balletto in tre mani

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Igor Stravinskij – Jeu de cartes, balletto in tre mani

Jeu de cartes, “”ballet en trois donnes”” come lo definì l’autore, fu composto nel 1936 e rappresentato il 27 aprile 1937 a New York dall'””American Ballet”” con la coreografia di Balanchine. Appartiene dunque al periodo neoclassico di Stravinskij, di cui incarna caratteri e motivi in modo felicissimo, quasi emblematico.

L’azione del balletto ha per protagoniste le carte da gioco, impegnate in una diabolica partita di poker in tre mani. Nella prima e nella seconda mano il Jolly, maliziosa incarnazione del diavolo che si ritiene invincibile, determina il gioco mutandolo suo piacimento e sbaragliando gli avversari; ma nella terza e decisiva mano egli viene sconfitto, inopinamente da una sequenza di scala reale di cuori. Il simbolismo è evidente: la forza d’amore, impersonata dalla scala reale di cuori, decreta la sconfitta finale dello spirito del male, incarnato dal Jolly. Giustamente Casella vi ravvisa l’altra faccia del demonio dell’Histoire du soldat; e in questo senso va interpretata la “”moralità”” finale, che si riassume nei versi di La Fontaine citati da Stravinskij in partitura: “”Nous pouvons conclure de là / Qu’il faut faire aux méchants guerre continuelle. / La Paix est fort bonne de soi; / J’en conviens; mais de quoi sert-elle / Avec des ennemis sans foi?””.

Forse non si è più lontani dal vero se si considera la trama del balletto quale pretesto per abbandonarsi al puro gioco, al puro divertimento (Vlad parla apertamente di “”massimo disimpegno esistenziale””), realizzato attraverso il dominio di un intelletto che monta con esattezza e ordine infallibili la sua “”fabbrica”” sonora. L’argomento viene risolto in termini puramente musicali, in una partitura di raffinatissima e magistrale scrittura. Ognuna delle tre “”mani”” costituisce una parte del balletto ed è introdotta dallo stesso tema “”Alla breve””, nucleo generatore della composizione. Nella prima parte seguono ad esso un Moderato assai e un Tranquillo; nella seconda una Marcia, cinque Variazioni sul tema e una Coda; nella terza una serie di danze che culmina, circolarmente, nella ripresa del “”Tempo del principio”” e in un vorticoso Presto finale. Il tema “”Alla breve”” con cui inizia ciascuna “”mano”” del balletto sarebbe, nella mente di Stravinskij, “”un’eco, l’imitazione del tempo, del timbro e del particolare carattere della voce”” con cui, in un suo ricordo d’infanzia, un germanico croupier, “”maestro di cerimonie con voce di trombone””, invitava i visitatori di un casinò a prendere parte al gioco.

In Jeu de cartes le allusioni, le assonanze e le citazioni da opere altrui abbondano, e vanno dal valzer viennese al galoppo bandistico, sino ad autori come Rossini e Johann Strauss. Stravinskij stesso ha giustificato simili imprestiti col desiderio di suggerire il clima dei concerti di una “”Kursaal Band”” come quelle che suonavano nei luoghi di cura e di villeggiatura in Germania. Ma queste citazioni vengono poste in un contesto che le deforma e le stravolge, andando ben al di là della “”musica al quadrato”” pur tipica dell’attegiamento compositivo stravinskijano. Valga per tutte il caso di quella più vistosa e riconoscibile, il tema dell’Allegro della sinfonia del Barbiere di Siviglia incluso nella terza sezione del balletto. Nel suo dinamismo ritmico reso ancora più irrefrenabile, il tema rossiniano risulta alla fine talmente trasfigurato da apparire lontanissimo dalla sua veste primitiva, divenuto quasi una creazione originale e indipendente di Stravinskij: simbolo della gioia del movimento, del gioco sonoro, che cela l’ombra dell’inesorabile trascorrere del tempo.

Franco Caraccioli / Orchestra sinfonica della Rai  di Torino
Auditorium “G. Agnelli” Lingotto di Torino, Stagione sinfonica pubblica 1985-86

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