Gustav Mahler – Sinfonia n. 1 in re maggiore “Titano”

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La storia della composizione della Prima Sinfonia di Gustav Mahler si apre con un capitolo che occupa circa quattro anni, dal 1884 al 1888, durante i quali nacque la prima versione in cinque tempi raggruppati in due parti, intitolata Titan – Un Poema sinfonico in forna di Sinfonia (il richiamo è al romanzo Il Titano di Jean-Paul Richter, scrittore del primo Romantirismo amatissimo da Mahler) e provvista di un preciso “”programma”” per ciascuno dei cinque movimenti. Durante gli anni successivi Mahler rivide a più riprese il suo lavoro in occasione anche di esecuzioni da lui dirette, oscillando a lungo di fronte al programma della sua Prima: l’opera poteva non esser capace di spiegarsi da sé, e allora poteva valer la pena di inventare o di rendere manifesta una traccia per la sua comprensione; ma altrettanto funesto sarebbe stato un eccesso di spiegazioni, dalle quali “”gli idioti che stanno lì seduti ad ascoltare e giudicare”” avrebbero potuto essere indotti (come infatti avvenne) a “”fraintendere e travisare nel modo più ridicolo””. Solo in occasione della esecuzione avvenuta a Berlino nel 1896 i titoli illustrativi scomparvero del tutto e l’opera, adesso detta “”Sinfonia in re maggiore per grande orchestra””, fu presentata nella sua veste definitiva, non più divisa in due parti e ridotta a quattro soli movimenti dopo la soppressione dell’Andante Blumine.

I:esclusione di questa pagina floreale, in origine collocata al secondo posto, riconduce di fatto la Prima Sinfonia a una scansione abbastanza prossima alle consuetudini classiche. Il che può dirsi, a grandi linee, dello stesso primo movimento, svolto in ampia e libera forma-sonata con esposizione, sviluppo e ripresa di due gruppi tematici principali: e tuttavia percorso, come del resto tutta la partitura, da istanze – reminiscenze, citazioni e autocitazioni, parodie, e soprattutto esaltazioni e catastrofici disgregamenti – senz’altro anomale rispetto a quelle della composizione strumentale assoluta. Il movimento si apre con una lunga e fascinosa introduzione, tutta brulicante di Naturlaute, ossia “”suoni della natura”” (“”La mia musica è sempre e soprattutto solo un suono di natura””, dichiarava Mahler nel 1896), con echi di fanfare lontane, dalla quale prende forma a poco a poco , sviluppandosi dall’intervallo di quarta che sarà segnale e base strutturale di tutta la Sinfonia, il primo tenia principale. Esso è ripreso dal secondo dei Lieder eines fahrenden Gesellen; il testo del Lied, composto da Mahler stesso, parla del risveglio della natura al mattino, con il canto degli uccellini e le voci misteriose dei fiori che sembrano inneggiare alla bellezza del mondo: e su questa gioiosa intonazione descrittiva, in un’esaltazione panica della natura temperata da un senso di ingenuità quasi infantile, si svolge tutto il percorso del primo movimento, audacemente proteso su orizzonti timbrici di estrema suggestione. Il carattere agreste del primo tempo si mantiene, con diversi connotati, nel secondo (nelle intenzioni originarie di Mahler questi due tempi, incorniciando Blumine, facevano gruppo a sé come prima parte, dedicata ai “”giorni della giovinezza””, a cui seguiva la Commedia humana della seconda parte). Pur non essendo espressamente indicato come Scherzo, dello Scherzo questo movimento serba struttura e funzioni: la rustica vivacità dell’irresistibile impulso vitalistico di questa danza “”a gonfie vele”” dall’andamento di Ländler inaugura un modulo espressivo frequentissimo anche nelle successive prove sinfoniche mahleriane.

La proiezione fantastica del terzo movimento, ispirato dal quadro parodistico I funerali del cacciatore noto a ogni bambino austriaco (le bestie della foresta accompagnano la bara del guardaboschi con espressione allegramente ironica), appare tingersi di colori hoffmanniani nello stravolgimento in minore del celeberrimo motivo popolare Frère Jacques (“”Fra’ Martino campanaro”” da noi), esposto qui da un contrabbasso solo e ripreso in successive entrate canoniche fino a coinvolgere in parodistica e bizzarra solennità tutta la grande compagine orchestrale. Ancora parodia e reminiscenza nel secondo tema, dove si affacciano fantasmi di musiche bandistiche e da circo; quindi si apre una sezione centrale, nella quale Mahler impiega un altro dei suoi Lieder eines fahrenden Gesellen: il quarto, intitolato “”Die zwei blauen Augen”” (I due occhi azzurri). A questo idillio amoroso succede una ripresa della marcia funebre, che si spegne in atmosfere a mezzo fra il burlesco e lo spettrale sugli ultimi rintocchi dell’intervallo fondamentale di quarta nell’ostinato dei timpani: il sentimento ironico si è mutato ora in funesto presentimento. Si innesta direttamente qui la drammatica introduzione del quarto e ultimo movimento, esplosione improvvisa di un cuore ferito nel vivo (il titolo programmatico originario suonava “”Dall’Inferno””). Da essa prende le mosse un primo ampio e sviluppatissimo gruppo tematico, che con incalzante andamento di marcia si muove su toni tragici e grotteschi fino all’esposizione di un secondo gruppi di temi, più cantabili e distesi. Nello sviluppo, dove ricompaiono frammenti del primo movimento, si alternano episodi serrati e apocalittici ad altri più sospesi e visionari; tutto converge a poco a poco verso una conclusione in positivo, basata su un motivo di corale più volte esposto, interrotto e riaffermato, per poi dar vita alla sonora, trionfale perorazione finale.


Daniele Gatti / Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Ente autonomo del Teatro Comunale di Bologna, Concerti Sinfonici 1999-2000

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