Gustav Mahler – Lieder eines fahrenden Gesellen, per voce e orchestra

G

Tra simbolismo e avanguardia

 

Appare subito chiara, nell’impaginazione di questo concerto, una linea programmatica precisa. Essa risulta ancora più evidente se messa in relazione con l’opera prescelta per l’inaugurazione della stagione, i Gurre-Lieder di Schönberg, anch’essi diretti dal maestro Chung. Tanto i Gurre-Lieder quanto gli autori e le musiche di questo concerto appartengono a una fase della storia della musica che ha posto le basi della civiltà moderna, dove moderna sta semplicemente per nostra, ossia del Novecento e di oggi. Non si tratta beninteso di basi esclusive, ma di radici profonde cui non è estraneo il fatto di aver anticipato con lucidità molti degli sviluppi futuri, e di averli rappresentati per così dire in anteprima. Il Mahler che stiamo per ascoltare non è quello gigantesco delle Sinfonie, ma quello più intimo e delicato dei Lieder giovanili d’ispirazione popolare, quasi uno storico e un veggente. Webern e Berg, che lo incorniciano in un’ideale corona d’affetti e di affinità, non sono ancora – come non lo era del resto nei Gurre-Lieder il loro maestro Schönberg – gli alfieri di una nuova scuola di pensiero e di azione (la cosiddetta seconda scuola di Vienna), ma artisti alla ricerca di se stessi, non ancora sicuri di trovarsi, ma convinti di testimoniare con forza la necessità delle loro scelte. L’epoca è quella del passaggio tra Ottocento e Novecento, un’epoca di crisi e di trasformazioni: crisi delle forme e dei linguaggi (in tutte le arti) e crisi dell’identità (si può ancora dire così?). L’epoca della “”Finis Austriae”” e dei “”laboratori dell’apocalisse””, delle secessioni e delle rivoluzioni; concetti con i quali ci siamo trastullati con sinistro piacere fino all’esaurimento, come se si trattasse di un mero gioco intellettuale. Ecco il punto. Essi non sono concetti, ma sentimenti, stati d’animo e visioni che oggi rinascono problematicamente in noi e con cui sentiamo più che mai il bisogno di confrontarci alla fonte. Anzi: in un certo senso, sono modi di essere e di compiere delle scelte.

Che cosa significa inquadrare questo programma “”tra simbolismo e avanguardia””? Per quanto vi siano comprese correnti come il tardo romanticismo, il decadentismo, il simbolismo stesso, lo Jugendstil, l’impressionismo, l’espressionismo, esso non vuole indicare una connotazione storica, ma un valore ideale. I simboli che impregnano la musica di Mahler, di Berg, di Webern, non sono soltanto emblemi di un linguaggio e di uno stile, ma segnali di una coscienza del mondo interiore proiettata sul mondo esterno. Mezzi di conoscenza e di identificazione. E lo stesso vale per l’avanguardia. Che non significa status ideologico rapportato a un’idea di progresso, ma attitudine anzitutto morale a mettersi in prima fila per orientare la marcia, guardando costantemente avanti, ma interrogandosi anche sul passato. Un po’ come quei soldati di Mahler che, pur consapevoli della catastrofe, continuano a camminare nel fango e a guidare imperterriti i compagni nella danza verso la Terra Oscura, con la speranza di un mondo diverso, forse migliore.

Il profilo “”alto”” di queste musiche, dense e struggenti, non contrasta affatto, nel momento stesso in cui tragicamente la nega, con la speranza di un mondo migliore. Soprattutto non ne affida l’ultima coscienza al cinismo e all’indifferenza.

I Lieder eines fahrenden Gesellen di Mahler

 

I Lieder eines fahrenden Gesellen sono cronologicamente il primo ciclo di Lieder orchestrali di Mahler e l’unico di cui egli scrisse anche i testi. Il testo e la musica (nella versione per pianoforte) furono composti rapidamente tra il Natale del 1884 e il 1° gennaio 1885.

Non conosciamo invece le date precise dell’orchestrazione probabilmente essa fu completata poche settimane o addirittura pochi giorni avanti la prima esecuzione, che ebbe luogo a Berlino il 16

marzo 1896 con i Berliner Philharmoniker diretti da Mahler stesso (il concerto comprendeva anche la Prima Sinfonia e il primo tempo della Seconda). Né in quest’occasione né al momento della pubblicazione della versione per pianoforte, avvenuta nel 1897 (la versione per orchestra apparve postuma solo nel 1912), Mahler rivelò di essere l’autore dei versi: forse per una questione di gusto e di discrezione, forse per non dare adito a una interpretazione del ciclo in senso autobiografico. Infatti, per quanto nella “”storia di un fahrender Gesell in 4 canti”” (così lo voleva intitolare Mahler) si possa riconoscere la protezione di esperienze e di stati d’animo vissuti dall’autore stesso, questo riconoscimento non significa un’identificazione tout court con il protagonista del ciclo: esso appare se non altro mediato per via letteraria, di una letteratura che aveva fatto di quel soggetto, nelle incarnazioni più diverse, tragiche o candidamente fiabesche, uno dei suoi simboli più amati. Anche se non conosceva ancora la raccolta Des Knaben Wunderhorn, a Mahler non mancavano spunti per riallacciarsi e rispecchiarsi in questa tradizione, insieme colta e popolare.              

Già. Ma chi è il fahrender Gesell? Si tratta, nella sua apparente semplicità, di un’entità complessa. Non ancora tragico viandante (Wanderer) e           non più allegro vagabondo, egli rappresenta il “”compagno di strada””, l’amico girovago””, perfino lo “”studente vagante””, colui che gira il    mondo senza aver ancora appreso il senso della sua infelicità, afflitto dalla pena d’amore, ma non ancora cosmicamente disperato. “”Uno in cammino””, lo traduce Quirino Principe nella sua spettacolare monografia mahleriana. Giusto, a patto di sottolinearne l’aspetto giovanile, non ancora consapevole del suo futuro: il compagno errante. E che cosa apprende nel suo cammino? Essenzialmente la sua estraneità dal mondo reale e dalla società dopo che l’amata lo ha abbandonato per sposare un altro (n. 1: Wenn mein Schatz Hochzeit macht) e la sua indomita dipendenza dal mondo della natura (n. 2: Ging heut’ morgen übers Feld). Il richiamo del cuculo, il saluto del fringuello e della campanula, l’invito a riconoscere “”bellò il mondo”” gli rivelano la distanza abissale tra i lieti messaggi che riceve e le sensazioni che gli provengono dal suo destino personale. Ed è da questo confronto che nasce la sua crisi di identità. Egli, continuando nella sua marcia, registra ora le conseguenze del conflitto (n. 3: Ich hab’ein glühend Messer): sente un coltello rovente piantato nel petto che non dà requie né di giorno né di notte, e ripensa con intimo strazio, nel sogno o da sveglio fa lo stesso (la ripetizione O weh! Ahimé, sulla formula del dolore del semitono discendente è come il grido lacerante di un lamento primordiale), alle immagini che gli ricordano l’amata perduta, gli occhi azzurri e i capelli biondi, visioni allucinate e menzognere. Solo dopo aver toccato il punto più basso della disperazione (‘vorrei essere sepolto in una bara nera, e non riaprire gli occhi mai più»), il viandante si riconcilia con se stesso accettando il suo destino di esule solitario, cui son compagni solo “”amore e pena””, e ritrova i luoghi cari della natura e della memoria inconscia, il tiglio schubertiano sotto le cui fronde amiche riposare, per dimenticare il sapore amaro della vita e illudersi di credere che «tutto è di nuovo bello»: l’amore e la pena e il mondo e il sogno (n. 4: Die zwei blauen Augen). A differenza del viaggio invernale di Schubert, i Lieder eines fahrenden Gesellen di Mahler si dissolvono in un’atmosfera serena e trasfigurata.

Nonostante l’organico massiccio, la scrittura orchestrale è di una trasparenza lucente, e alterna momenti descrittivi (perfino onomatopeici, nella rappresentazione delle voci della natura) a figure allegoriche intrise di un pessimistico disagio esistenziale. Molte di queste figure – non solo temi, come quelli del secondo e del quarto Lied utilizzati nel primo e nel terzo movimento della Prima Sinfonia – ritorneranno distillati nella musica di Mahler, a configurare non autocitazioni, ma enunciazioni di uno stile.

Myung-Whun Chung / Thomas Quasthoff


Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia
Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Stagione sinfonica 2000-2001

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