L’ouverture da La Vestale di Spontini
Rappresentata per la prima volta àll’Opéra di Parigi il 15 dicembre 1807, La Vestale, tragédie lyrique in tre atti su libretto di Victor Joseph-Étienne de Jouy, fu accolta trionfalmente, collezionando solo nella capitale francese più di duecento repliche, e consacrò Spontini come l’interprete ufficiale della grandeur napoleonico-imperiale. L’aulica e sacrale nobiltà del soggetto, che risaliva all’antica Roma ma era filtrato attraverso il clima figurativo neoclassico, la cornice di danze e cori collegata alla tradizione della tragédie lyrique, il forte impatto emotivo della vicenda (un divieto infranto per amore e un sacrificio riscattato dall’intervento divino) consentirono a Spontini di inventare una grandiosità drammatica nella quale l’orchestra guadagnava di peso e di importanza senza mettere a repentaglio la profilatura delle voci, portatrici delle passioni che si agitano nei cuori dei personaggi. Ammirata, tra gli altri, da Beethoven, da Berlioz e da Wagner (che la mise in scena a Dresda nel 1844), La Vestale è un esempio di quello “”stile grande”” che contempera il progetto monumentale con l’equilibrio classico, il pathos della tragedia con la verità degli affetti intensamente vissuti ed elaborati.
Di questo carattere l’Ouverture offre un mirabile esempio. Essa è aperta da un dolente ma composto Andante sostenuto di trenta-quattro misure, in cui hanno particolare rilievo i legni, quasi un anticipo della pena d’amore della protagonista Julia, giovane vestale innamorata del generale romano Licinius. Questa introduzione in minore conduce al Presto assai agitato, punto d’inizio di un discorso sinfonico che si svolgerà senza soste, con slancio impetuoso, attraverso una cangiante successione di colorazioni orchestrali, sino alla trionfante conclusione in maggiore del “”crescendo”” finale.
Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Stagione sinfonica 2000-2001
Wolfgang Sawallisch / Mattias Goerne, Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia