Franz Schubert – Sonatina n. 1 in re maggiore, op. 137

F

Franz Schubert

Sonatina n. 1 in re maggiore, op. 137

per violino e pianoforte

 
Allegro molto, Andante, Allegro vivace

 

Nulla sappiamo delle circostanze che spinsero Schubert a scrivere, fra il marzo e l’aprile 1816, tre Sonatine per violino e pianoforte. È certo però che esse, già nelle intenzioni dell’autore, dovessero formare un tutto unico ed esser pubblicate insieme, in un ordine ben stabilito, secondo una formula editoriale consolidata fin dai tempi di Haydn, Mozart e del giovane Beethoven. Lo dimostra per esempio la successione delle tonalità: la prima Sonatina è in re maggiore, tonalità festosa e solenne che ben si attagliava, di norma, a un pezzo d’apertura; la seconda e la terza sono rispettivamente nelle tonalità della dominante e della sottodominante minore, ossia la minore e sol minore, e hanno non soltanto dimensioni ma anche caratteri più elaborati e differenziati, come se Schubert le avesse pensate all’interno di una grande forma tripartita. È probabile che l’autore sperasse così in una pubblicazione rapida e in una altrettanto rapida diffusione presso i dilettanti e gli amatori di musica viennesi, assetati di sempre nuovi pezzi da includere nel loro repertorio domestico. Ma le cose, anche questa volta, andarono diversamente: le tre Sonatine apparvero da Diabelli come opera 137, secondo la numerazione originaria, soltanto nel 1836, vale a dire otto anni dopo la morte di Schubert.

Sul manoscritto della prima Sonatina, Schubert ha annotato: «Sonata per pianoforte con accompagnamento di violino». Trascurando la distinzione del tutto inessenziale fra Sonata (Schubert) e Sonatina (edizione di Diabelli), questa indicazione rimanda a una formulazione del rapporto fra i due strumenti di marca prettamente settecentesca e dunque in un certo senso sorpassata all’epoca della composizione. Infatti specialmente questa prima Sonatina è rivestita di una patina arcaica che la inscrive nell’orbita della tradizione antica, sicuramente almeno prebeethoveniana. Delle tre essa è l’unica a mancare del Minuetto e a seguire, nell’articolazione dei tre movimenti che la compongono, una forma elementare: il primo movimento Allegro molto presenta una breve esposizione e uno sviluppo ridotto all’osso; l’Andante in la maggiore ha lo schema più ovvio della forma A – B – A e si segnala appena come possibile abbozzo di un Lied; il finale Allegro vivace è un Rondò di esemplare concisione e chiarezza.

Anche il trattamento dei due strumenti guarda al passato e soprattutto al modello mozartiano, benché in più di un passo si avverta la mano personale di Schubert. Nel primo movimento i temi sono enunciati all’unisono e procedono sostanzialmente appaiati nei due strumenti, salvo che nello sviluppo, dove il pianoforte presenta alla mano sinistra un canone col violino e alla destra un caratteristico ritmo di marcia. Nell’Andante il dialogo si fa più intenso e articolato, passando dall’iniziale predominio del pianoforte, che espone il tema, all’ampio svolgimento melodico del violino, accompagnato discretamente ma con ricchezza di fioriture dal pianoforte. Nel Rondò finale la cifra stilistica schubertiana si esprime soprattutto nello slancio del tema, esposto prima dal violino e ripreso poi dal pianoforte; una volta riuniti, i due strumenti intrecciano una danza condotta con la consueta finezza armonica e agogica da Schubert, senza che tuttavia appaia neppure un’ombra di contrasto o di vero antagonismo.

Gidon Kremer / Oleg Meissenberg
Ente autonomo del Teatro Comunale di Firenze, Stagione d’autunno 1984

Articoli