Quattro passi nel delirio
L’impaginazione del programma di questo concerto propone accostamenti incrociati a chiasmo, secondo un’alta finezza retorica. Schubert e Mahler agli estremi, Beethoven e Mozart – un Beethoven che guarda a Mozart, e un Mozart estatico che già anticipa furori beethoveniani – al centro. Una primadonna di razza, protagonista insieme con un’orchestra che introduce, scalpita, si sottomette e infine si libera col direttore nel grande gesto teatral-sinfonico. Quattro passi nel delirio lungo un secolo abbondante di musica. Dove delirio non sta soltanto per esaltazione della fantasia, ma anche per entusiasmo suscitato dalla rappresentazione di una visione del mondo che si contrappone a quella reale, e la trasforma. Il teatro intimamente sospeso nell’illusione sognante di Schubert; lo scatto bruciante di Beethoven, l’olimpica perfezione di Mozart; l’esperienza della vita emotiva come ragione dell’opera, non suo contenuto, nel “”programma interiore”” di Mahler. Quattro momenti che riproducono il destino della musica di trascendere stati d’animo e pensieri in una dimensione ideale.
Nel 1823 Schubert compose le musiche di scena per il dramma romantico in quattro atti Rosamunde, Fürstin von Cypern (Rosamunda, principessa di Cipro) di Helmina von Chézy, rappresentato a Vienna, al Theater an der Wien, il 20 dicembre 1823. Il testo del dramma è andato perduto: per quanto ne sappiamo, esso verteva attorno al personaggio di una fanciulla, Rosamunde appunto, abbandonata e ritrovata, messa alla prova e contesa tra le forze opposte del bene e del male, che si scopre alla fine principessa di nobili origini (su questa esile traccia Lorenzo Arruga e Lorenza Codignola hanno reinventato una favola teatrale moderna, rappresentata con le musiche di scena di Schubert alla Fenice di Venezia nel 1989, direttore proprio Daniele Gatti). Le musiche di scena di Schubert constano di dieci numeri, equamente divisi fra brani strumentali e vocali, il più celebre dei quali è il trasognato Andantino in si bemolle maggiore (Entre-Act dopo il terzo atto), poi riutilizzato nel Quartetto in la minore D 804 (1824) e nelle Variazioni dell’Improvviso per pianoforte op. 142 n. 3 (1827). Quanto all’Ouverture, Schubert non ebbe materialmente il tempo di comporne appositamente una e per la prima rappresentazione ripiegò su quella, allora ancora ineseguita, della sua opera Alfonso und Estrella. Ma già alla seconda (e ultima) recita la sostituì con quella del Singspiel di genere fantastico Die Zauberharfe (L’arpa magica) , andato in scena al Theater an der Wien nell’estate del 1820. Questa Ouverture rimasé da allora sempre associata alle musiche di scena ed è conosciuta con il nome di Rosamunde. Si tratta di uno dei pezzi più caratteristici di Schubert per l’immediatezza dei temi e la sgargiante ricchezza della veste strumentale; formalmente si articola in un veemente Andante introduttivo in re minore seguito da un Allegro in re maggiore, in forma-sonata senza sviluppo.
Daniele Gatti / Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
Ente autonomo del Teatro Comunale di Bologna, Concerti Sinfonici 1999-2000