Firenze, Trio Chung

F

Lo chiamavano Trinità

Chi ha ascoltato il concerto dei fratelli Chung a Firenze (opere di Beethoven, Shostakovic e Dvorak) non ha avuto dubbi: è stato questo il momento piú alto di tutto il Maggio Musicale Fiorentino 1991. Non soltanto per la qualità dei risultati musicali raggiunti, per la freschezza, la naturalezza e la simpatia di questi tre impagabili musicisti baciati dalla sorte, ma per la forza dell’esempio ch’essi rappresentano: talento, preparazione, impegno, serietà, dedizione incondizionata all’arte, tutti valori sentiti non come lotta per riuscire primi, ma come condizione stessa, elementare, della vita e della musica. Idee e sentimenti che si incarnano e continuano a scavare serenamente nella musica, e dalla musica tornano a essere, con umiltà e gioia, fattori condizionanti di un modo di vivere e di interpretare i suoni. Con una appendice importante: la generosità.

Nel Trio Chung, Myung-Whun, che non è solo un direttore in palese ascesa ma anche un pianista e un musicista eccellente, è la mente, la coscienza individuale e storica; Kyung-Wha, violinista dal talento incommensurabile, è l’anima, lo spirito; Myung-Wa, la violoncellista capace di trovare la sua identità anche accanto a nature di lei piú spiccate, è la fisicità, la materia: qualcosa che ci riporta alla terra, mentre gli altri due tenderebbero a volare liberi in spazi e regioni tutte loro. Capita a tutti di provare invidia di fronte alla fortuna e al merito; ma in questo caso il sentimento era di altro tipo, era ammirazione per la chiarezza, la bellezza delle intenzioni e la coerenza delle deduzioni: quasi riconoscimento che a qualcuno è dato di essere in armonia felice con se stesso e con il mondo. Forse è vero che in un solo musicista non possono esistere tutte queste qualità: per vederle riunite occorre un trio. Del resto, anche il Signore scelse la trinità per manifestarsi.

Musica Viva, n.8/9 – anno XV

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