Nel gennaio del 1910 Busoni si recò per la terza volta nell’America del Nord per effettuare una serie di concerti; durante la sua permanenza a Chicago, egli ebbe modo di intrattenersi con Wilhelm Middelschulte e Bernhard Ziehn, insigni contrappuntisti, discutendo sulla possibilità di completare la fuga – Contrapunctus XIX – dell’Arte della Fuga, che Bach aveva lasciata incompiuta alla sua morte. Nata dunque in origine come un semplice completamento della grande fuga finale a più soggetti di Bach, la Fantasia contrappuntistica crebbe nelle mani stesse del suo autore, fino a diventare, attraverso tutta una serie di modificazioni e di rielaborazioni, un personale superamento dell’ambito bachiano verso una creazione musicale libera e indipendente.
Busoni ebbe assai presto coscienza dell’importanza del suo lavoro: scriveva infatti alla moglie il 19 febbraio di quello stesso anno, da Cincinnati: « … Ho cambiato il piano della ‘Fantasia contrappuntistica’ (sull’ultima e più grande opera di Bach). Non la farò precedere da una fantasia, ma darò il carattere di fantasia a tutta la fuga. Sarà qualcosa tra C. Franck e la ‘Hammerklavier-Sonate’, con una sfumatura personale». Prima della fine di quello stesso mese, Busoni terminò la prima versione della sua opera, limitata alla Fuga, che fu pubblicata a New York nel marzo del 1910; ma già il 18 aprile comunicava alla moglie, insieme con l’intenzione poi non realizzata di trascrivere per orchestra la sua Grande Fuga, di voler utilizzare il Preludio corale «Meine Seele bangt und hofft zu dir» «a guisa di Introduzione, e di richiamarlo alla memoria prima della Stretta della fuga» : questo Preludio corale era stato già utilizzato da Busoni nella terza delle sue Sei Elegie per pianoforte, del 1907, ed è quello che, opportunamente rielaborato, apre la versione definitiva della Fantasia contrappuntistica per pianoforte solo, pubblicata a Lipsia nel giugno del 1910. A questa, nota come Edizione maggiore, se ne aggiunse nel 1912 una terza, l’Edizione minore, sempre per pianoforte solo e curata per scopi prevalentemente di-dattici, nella quale Busoni fece uso del Preludio al Corale, costituito da «tre nuove Variazioni sullo stesso Corale», «Allein Gott in der Höh’ , sei Ehr’»; donde il titolo di questa versione del 1912, Preludio al Corale e Fuga sopra un frammento di Bach. Infine, inglobando il Preludio al Corale originario e le relative Variazioni, rifusi nelle Variazioni sul Corale (Introduzione – Corale e Variazioni – Transizione), Busoni creò l’ultima e più vasta versione per due pianoforti, pubblicata a Lipsia nel 1922, quella indubbiamente più famosa e che udremo nel presente programma. Il suo titolo completo, che riassume la straordinaria complessità costruttiva dell’opera, è il seguente: «Fantasia contrappuntistica. Variazioni sul Corale “” Ehre sei Gott in der Höhe “”, seguite da una fuga quadrupla basata su un frammento di Bach», per due pianoforti.
Nel suo scritto Autorecensione del febbraio del 1912, Busoni analizzava la genesi della Fantasia contrappuntistica : « Questo lavoro nacque dal desiderio di completare l’ultima fuga incompiuta
di J. S. Bach. È uno studio… Il frammento di Bach è basato su quattro fughe, delle quali due sono compiute e la terza incominciata. Il frammento si interrompe là dove i tre temi si incontrano per la prima volta. Prima di tutto mancava lo sviluppo di questi tre temi. Una fuga con tre soggetti è certo un compito che mette paura. Ma i tre soggetti erano dati, la loro sovrapposizione precisata e i temi, ricchi di possibili sviluppi contrappuntistici. Invece la quarta fuga doveva venir creata assolutamente ex-novo. Per il tema ancora inespresso (il quarto) non era dato alcun punto di appoggio, se non l’assoluto presupposto che questo quarto tema doveva, a un dato momento, presentarsi insieme con gli altri tre, dunque doveva adattarsi ad essi. – Poiché il tema principale dell’Arte della Fuga (il “” frammento “” è la conclusione di quest’opera) non si trovava fra i tre già dati, era facile indovinare, che questo tema principale doveva essere aggiunto come quarto – e così chiudere il ciclo di tutta l’opera… Con intervalli caratteristici dello stile bachiano costruii, su questi quattro, ancora un quinto tema (di carattere evidentemente contrastante) così che la mia nave solcò le acque perigliose con cinque vele tese».
L’alto magistero tecnico, che Busoni impiega nella costruzione architettonica dell’opera – una sua caratteristica costante -, è al servizio della più vasta libertà di forma, veramente nel carattere di
una «fantasia», che acquista, nella versione per due pianoforti, una più esauriente dimensione polifonica: d’altra parte, intenzionalmente Busoni scriveva, nel già citato luogo: «La Fantasia contrappuntistica non è pensata né per pianoforte, né per organo, né per orchestra. Essa è musica. I mezzi sonori che comunicano questa musica all’ascoltatore sono di secondaria importanza», a ribadire la sua nota posizione verso la trascendenza della musica rispetto alle possibilità degli strumenti musicali. La monumentale composizione comprende, in una successione senza soluzione di continuità, i seguenti episodi : I. Variazioni sul Corale (Introduzione – Corale e Variazioni – Transizione). 2. Fuga I. 3. Fuga II. 4. Fuga III. 5. Intermezzo. 6. Variatio I. 7. Variatio II. 8. Variatio III. 9. Cadenza. 10. Fuga IV. 11. Corale. 12. Stretta.
Bruno Canino, Antonio Ballista