L’oratorio di Mendelssohn al Comunale di Firenze
Firenze – La stagione sinfonica del Teatro Comunale (nuovamente dirottata al Verdi, in attesa del completamento dei lavori in sede) si è aperta nel segno della civiltà, non solo musicale, con una esecuzione dell’ultimo, monumentale oratorio biblico di Mendelssohn, Elias il quale, pur non essendo partitura di frequente circolazione da noi, stante l’enorme impegno che le sue quasi due ore e mezzo di musica richiedono non solo dagli interpreti, è stato accolto con crescente sorpresa ed entusiasmo dal pubblico, conquistato dalla grandiosità dell’ispirazione e alla fine quasi purificato dalla bellezza della musica.
Di fronte a vette di questo genere, nelle quali si contempla il mistero davvero glorioso di una tradizione oratoriale rivissuta con magistero compositivo adeguato alla nobiltà dell’assunto poetico e spirituale, lo sguardo spazia in profondità e in altezza, non saziandosi di ammirare la qualità della scrittura vocale, sia nella leggerezza delle pagine solistiche che nella solennità di quelle corali, l’abilità della strumentazione, luminosa anche quando è innervata di trame contrappuntistiche vigorose, il dominio energico della forma.
I quarantadue numeri (recitativi e arie, insiemi, cori ora fiammeggianti ora ripiegati in atteggiamenti contemplativi) si dipanano in una narrazione drammatica che non lascia un attimo di respiro, sciorinando una dovizia di invenzioni davvero prodigiosa nella stessa ambizione, che ne sta alla base, di dialogare da pari a pari con modelli supremi, dal Bach delle grandi opere sacre allo Händel dei piú celebri oratori. L’omaggio a questi due maestri (ma quando Haydn si affaccia nelle pagine piú scopertamente descritte) si scioglie in possesso ereditario di cultura non meno che in conquista di uno stile personale e nazionale: lo spirito del protestantesimo calato nella civiltà classico-romantica.
Scegliendo la versione in lingua tedesca dell’Elias
(che Mendelssohn poi adattò al testo inglese corrente della Sacra Scrittura su commissione del festival di Birmingham, dove l’oratorio fu diretto dall’autore in prima assoluta il 26 agosto 1846), il Comunale di Firenze ha privilegiato l’idea originaria, nata da una stretta aderenza alla parola, in cui l’aspetto drammatico del soggetto predomina sugli stessi motivi patetici o edificanti. E su questo aspetto ha puntato il direttore Andrew Davis, in una lettura un po’ avara di finezze ma sbalzata con mano sicura. Ai quattro solisti principali (Joanna Kozlowska, Kathleen Kuhlmann, Thomas Moser, Dean Peterson) si aggiungevano via via nelle parti minori elementi scelti del coro, preparato da Vittorio Sicuri.
L’orchestra era quella del Maggio Musicale Fiorentino.
(Elias di Mendelssohn al Teatro Verdi per la stagione sinfonica del Teatro Comunale, repliche il 23 e 24 settembre)
da “”Il Giornale””