E invece Schubert aveva ragione

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L’Academy of St. Martin-in-the-Fields e  un professore d’università hanno provato a compiere l’Incompiuta


Sotto il titolo rosso scarlatto e a grandi caratteri The 10 Symphonies, la Philips ha pubblicato di recente un cofanetto che contiene la prima registrazione integrale della produzione sinfonica di Franz Schubert (direttore Neville Marriner con l’Academy of St. Martin-in-the-Fields). Che cosa significa in questo caso “”integrale””? Non soltanto che tutta la musica sinfonica di Schubert vi è presente, ma anche che sono riempiti quei “”buchi”” rappresentati da opere finora ritenute perdute o rimaste allo stato di frammento, le quali sono qui ricostruite nella loro interezza e “”compiutezza””, e allineate in bella, quasi progressiva continuità. Il corpus delle Sinfonie di Schubert sale così, in questa edizione, a dieci opere tutte saldamente conchiuse e formalmente complete nei loro canonici quattro movimenti, più due frammenti, entrambi nella tonalità di re maggiore, datati a cavallo degli Anni Venti, in quel periodo cioè di vuoto che separa l’ultima delle Sinfonie giovanili (la sesta in do maggiore, febbraio 1818) dall’accecante creazione dell’Incompiuta (ottava in si minore, ottobre 1822): la quale Incompiuta, come si è detto, non è qui affatto tale, bensì appare in una veste che più compiuta non si può. Ma procediamo con ordine.

Procuratore della curiosa e insieme temeraria impresa è il musicologo inglese Brian Newbould, Professor of Music all’University of Hull. Costui, finora ignoto agli studi schubertiani ma certo ben sicuro di sé, parte dalla convinzione che l’evoluzione di Schubert sinfonista proceda con progressiva, consapevole continuità, e che solo motivi contingenti – la difficoltà di ottenere delle esecuzioni e la ritrosia del compositore nel cercare di affermarsi pubblicamente – abbiano impedito la conclusione di alcuni lavori. Se Schubert non li completò tutti, fu solo perché la sua attenzione si faceva facilmente distogliere da sempre nuovi progetti; ma ciò non toglie che i suoi lavori fossero tutti intimamente compiuti, e almeno per quanto riguarda le Sinfonie non travalicassero le convenzioni formali della loro epoca. Nel presentare i suoi lavori come “”versioni per l’esecuzione””, verosimilmente per questa esecuzione, Newbould afferma che essi sono stati ispirati dall’intenzione di “”portare a compimento ognuna delle opere così come Schubert stesso avrebbe potuto fare se fosse ritornato sui suoi abbozzi compositivi””. Il lavoro di Newbould è essenzialmente di due tipi: in alcuni casi si tratta di strumentazioni di schizzi esistenti e definiti dal punto di vista compositivo, in altri casi di realizzazioni che integrano le parti mancanti, basandosi sempre su materiale schubertiano. Sta a sé il caso dell’Incompiuta, completata con l’aggiunta dei due ultimi movimenti: lo Scherzo, vergato da Schubert in forma stenografica e abbandonato dopo la prima parte del Trio, e il Finale, per cui viene utilizzato il grande Intermezzo in si minore dell’opera Rosamunda, la cui affinità spirituale con il clima sonoro della Sinfonia appare a Newbould inequivocabile e avvalorata dalla scelta dello stesso organico e della stessa tonalità fondamentale.

Musica Viva, n. 4 – anno IX

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