Il festival «Wien modem», fondato da Claudio Abbado quando era di casa a Vienna e ancora a lui affidato, ha quest’anno il merito di porre finalmente l’accento nei modi e nei tempi giusti sull’opera di Luigi Dallapiccola, tacendone il centro di questa quinta edizione. Opportunamente gli ha collocato al fianco, tra le voci piú disparate della produzione contemporanea, la figura di Hans Werner Henze, una delle piú prossime a Dallapiccola fra quelle del secondo dopoguerra, in una linea di continuità che oggi appare sempre piú netta. Dallapiccola e Henze sono protagonisti eminenti della musica del Novecento: da situarsi in alto, assai piú in alto di tanti altri che pure hanno goduto di maggiori favori per meriti non soltanto artistici. Pare che in questo campo sia cominciata una salutare revisione anche da parte di coloro che a lor tempo hanno stabilito gerarchie di sospetta natura ideologica.
Ascoltare la musica di Dallapiccola a cadenze ravvicinate – quasi le opera omnia in ambito strumentale e vocale, il teatro rimanendo escluso per motivi pratici: salvo Il Prigioniero, previsto in forma di concerto il 6 novembre – aiuta a rimettere molte cose a posto e individua un percorso di estrema coerenza e qualità: soprattutto quando le esecuzioni ne siano all’altezza. Spiccava naturalmente l’attesissimo concerto di Abbado a capo dell’orchestra giovanile Gustav Mahler: nel quale tra il Dallapiccola siderale della Piccola musica notturna e lo Henze scabroso e fantasiosissimo degli Interludi orchestrali da Boulevard solitude e Die Bassariden – opere tuttora ingiustamente dimenticate – figuravano un chiassoso e iperstrutturale Xenakis e una prima assoluta di Paolo Perezzani, vincitore del concorso di composizione bandito dal Festival stesso. Primavera dell’anima, si intitolava questo pezzo: dedicato dall’allievo al suo maestro Salvatore Sciarrino e molto influenzato dalla scrittura fluttuante e frusciante di quest’ultimo. Abbado ha diretto il tutto con prevedibile acutezza, impegnandosi a non far risaltare troppo l’abissale dislivello tra gli autori in programma.
Il Dallapiccola apostolo della chiarezza formale e del suono luminoso, appassionato assertore di valori assoluti della musica e della fede, ha riscosso a Vienna formidabile interesse. Per quanto ancor valga oggi la retorica della frontiera mitteleuropea, è certo che sia piú facile cogliere aspetti peculiari della sua musica da parte di ascoltatori abituati al mondo strumentale austro-tedesco; che è poi il cuore della poetica dallapiccoliana, con radici profonde anche nella adesione alla dodecafonia. Rivelata in tal circostanza con raffronti adeguati, l’opera di Dallapiccola mette in luce, ben oltre la solidità della costruzione, la tensione espressiva di antiche tradizioni, restituite con intatta sensibilità e forza di comunicazione: quasi un Umanesimo della musica che guarda serenamente alla civiltà classica, e ne ritrova l’essenza nel confronto orgoglioso coi linguaggi della modernità. Qualcosa che intimamente ci rappresenta, nella storia del Novecento.
Anche Henze sembra partecipare di queste tensioni, sia pure con fisionomie diverse: piú granitico e aspro nel coniugare la dionisiaca ebbrezza di vibrazioni interiori con la condizione desolata, precaria e inappagante, dell’arte contemporanea. Il concerto monografico diretto da Gianluigi Gelmetti (Orchestra sinfonica della Radio di Stoccarda, solista Doris Soffel) collegava significativamente due lavori recenti (la Barcarola e la Settima sinfonia) alla cupa strumentazione dei Wesendonk-Lieder di Wagner: dimostrazione non soltanto di un altissimo mestiere ma anche di una ricerca che trova, da ultimo, il suo equilibrio e la sua identità.
da “”Il Giornale””