Pur risalendo al lontano 1968, In nocte secunda è una partitura del tutto rappresentativa della poetica musicale di Carlo Prosperi, di colui cioè che è oggi, stando al dubbio privilegio dell’età, il decano dei compositori fiorentini. In effetti fin dagli inizi, siglati da un autentico capo d’opera quale l’incantevole Concerto d’infanzia (1957), Prosperi ha seguito con indubbia coerenza e originalità un itinerario proprio, fedele a una visione della musica anzitutto come espressione e comunicazione. Nelle sue composizioni, che scaturiscono da una natura eminentemente lirica, Prosperi ha sempre privilegiato il senso della discorsività (anche in funzione formale, come esigenza di una logica musicale), sostanziandole però di precise suggestioni poetiche e indirizzandole verso la definizione puntuale di delicate, assorte atmosfere timbriche. E proprio il timbro, con la sua sensibilità raffinata e sognante, è l’aspetto più interessante della partitura di In nocte secunda, quello che più colpì allorché l’opera fu presentata per la prima volta il 2 settembre 1968 nell’ambito della XXV Settimana Musicale Senese.
La sua genesi si collega in certo modo a una composizione precedente, In nocte per violino e chitarra, del 1964. Solo che qui l’organico prevede, oltre alla chitarra, il clavicembalo, e sei anziché un solo violino. I timbri freddi, statici, di chitarra e clavicembalo, trattati anche in senso solistico con appropriate cadenze, si oppongono per contrasto a quelli caldi, dinamici degli archi, generando mondi sonori ora fermi ora in movimento, alla stregua di vere e proprie costellazioni di suoni ruotanti nel tempo e nello spazio. Ma a questo punto si inserisce, con i suoi significati espressivi, il programma che sta alla base della composizione: la poetica della notte, quant’altre mai cara a Prosperi, vista non soltanto come inclinazione alla meditazione e alla contemplazione ma anche come ricerca di un’armonia eterna: un «guardare verso l’alto» per carpire alle stelle il mistero ineffabile della loro identità insieme immanente e trascendente. Ed ecco allora spiegato anche il titolo, dove l’aggettivo secunda è assunto in duplice accezione: come «seconda» composizione ispirata alla notte (dopo, appunto, In nocte), ma anche come notte «favorevole», «propizia» (tale significato è insito nel termine latino) allo svelarsi del mistero eterno sotto l’occhio vigile, scrutante e riflessivo, del compositore.
Con perfetta, aderente coerenza al programma poetico, l’opera si suddivide in tre parti, ciascuna mirante alla raffigurazione musicale delle diverse gerarchie cosmiche. La prima, intitolata «Stellae inerrantes», rappresenta le stelle fisse, i Soli nella loro statica, compiuta immobilità; la seconda, «Stellae obscuriores et quasi caliginosae», le Nebulose, che risplendono di luce appannata e vaga; la terza, «Stellae errantes», i Pianeti, in perenne, circolare movimento. A ogni parte corrisponde una differente caratterizzazione linguistica e formale, in ognuna delle quali Prosperi ha modo, con felice riuscita e risvolti quasi inediti dal punto di vista timbrico, di far risaltare in bella evidenza le sue doti più personali; come se, in altri termini, questi mondi prendessero vita dalle suggestioni che sono in grado di determinare e dalla stessa scelta dei modi e delle relazioni che suscitano nella fantasia e nella provata abilità compositiva del musicista.
Firenze nel dopoguerra: aspetti della vita musicale dagli anni ’50 a oggi, Quattro concerti e una tavola rotonda, a cura di Leonardo Pinzauti, Sergio Sablich, Piero Santi e Daniele Spini.
Dalla collana Musica nel nostro tempo – documentazione e ricerche, Opuslibri, 1983.