Accadde due anni fa che per iniziativa di un giovane dirigente culturale tanto ambizioso quanto capace (il nome è d’obbligo, prendete nota: Renzo Caramaschi) Bolzano ospitasse un concerto fuori programma dell’Orchestra dei Giovani della Comunità Europea (l’ECYO, per intenderci) diretta da Claudio Abbado. E fu amore a prima vista. Tornati l’anno scorso in tournée, accadde stavolta che i responsabili dell’orchestra accettassero l’invito a far svolgere quest’anno l’intera preparazione estiva proprio a Bolzano, tradendo così per la prima volta il dorato ma forse un po’ noioso asilo francese. Così è stato. E pare che i baldi giovanotti, eletti dopo aspra selezione nell’ambito dei paesi della comunità europea, abbiano gradito molto il cambio, sgobbando come al solito moltissimo (le prove avevano luogo nelle aule del Conservatorio “”Monteverdi””) ma divertendosi anche ad animare, con concerti improvvisati e provocazioni scherzose, la vita tranquilla della città altoatesina.
Non era con loro quest’anno Abbado, direttore musicale dell’orchestra, ma un vecchio e ancora arzillo gentiluomo della bacchetta, l’ungherese Antal Dorati, oltre al giovane preparatore stabile, l’inglese James Judd. E a loro è toccato, dopo due settimane di lavoro, aprire nel Duomo di Bolzano la serie di concerti del tour estivo ’84, che è poi proseguito in Germania, Lussemburgo e Svizzera. Programmi come al solito di grande e vario impegno, che comprendevano il Concerto per violino di Berg (solista il ventottenne Nigel Kennedy, violinista estroso e sensibile), la Nona Sinfonia di Bruckner. Tilt Eulenspiegel di Strauss, il Concerto per violoncello di Dvorak (con Robert Cohen) e il Concerto per orchestra di Bartók: le prime due partiture con Judd, e le altre tre con Dorati.
Benché l’organico dell’ECYO cambi di anno in anno, vuoi per motivi di età vuoi per una giusta politica di avvicendamenti, la qualità dell’orchestra si mantiene di livello elevato e altamente concorrenziale. Al di là del significato culturale e sociale dell’istituzione, ciò significa che si è creato e consolidato un clima di professionalità in grado di assorbire e trasmettere ai nuovi partecipanti tutto il bagaglio delle esperienze precedenti. E ciò lascia ammirati più ancora del naturale entusiasmo e dell’ardore giovanile che circolano, quando essa suona, all’interno dell’orchestra. Semmai talvolta questa disciplina e questo rigore professionale, in giovani attorno ai vent’anni, possono sembrare perfino eccessivi. Ma il mestiere del musicista non è facile, e molti di loro danno l’impressione di prepararsi già per un duro lavoro futuro.
Se duttilità e flessibilità sono fra le doti più evidenti di quest’orchestra, la resa artistica dipende molto, come è naturale, dal direttore. Jamed Judd è musicista preparato, accorto e sensibile, ma non possiede, almeno per ora, personalità interpretativa: e lo si capisce da come cerca di imitare, nel gesto e nell’atteggiamento, Abbado, senza riuscirci. Con lui l’orchestra ha suonato benissimo, ma senza fantasia.
Una vera lezione di civiltà interpretativa e musicale ha invece dato Antal Dorati. Con lui l’orchestra non è stata sempre impeccabile (Dorati non è un virtuoso della bacchetta, e il suo gesto, col peso degli anni, si è fatto un po’ greve e sommario), ma in compenso c’erano la musica e le idee, il piacere della scoperta e della comunicazione di un contatto fra mondi, anche generazionalmente, tanto lontani. Un’esperienza, crediamo, proficua per tutti.
Fra i due concerti dell’ECYO, Bolzano ha ospitato nuovamente l’orchestra del Cantiere Internazionale d’Arte di Montepulciano e il suo direttore Jan Latham Koenig alle prese con un personalissimo ciclo mahleriano (di scena stavolta la Prima Sinfonia). Koenig è direttore esuberante e generoso, sicuramente pieno d’estro e di talento: e volentieri diamo conto dei suoi progressi. Il suo concerto ha ulteriormente arricchito un’estate bolzanina già di sicuro rilievo, in attesa della coda dell’annuale concorso pianistico internazionale intitolato a Ferruccio Busoni.
Musica Viva, n. 10 – anno VIII