Patria come fede
S’intitola complessivamente Mà Vlast (La mia patria) un ciclo di sei poemi sinfonici composto da Smetana fra il 1874 e il 1879 ed eseguito integralmente per la prima volta a Praga il 5 novembre 1882, due anni prima della morte dell’autore, che era da tempo ormai completamente sordo. L’esito trionfale sanciva la volontà di celebrare con un’epopea sinfonica le tradizioni del proprio Paese, scrivendo una musica che si fondasse sull’idioma nazionale boemo senza perdere di vista la più aggiornata produzione sinfonica europea del secondo Ottocento. Influenzata da Liszt e da Berlioz per quanto riguarda la forma e il 2 oboi contenuto programmatico del Poema Sinfonico (ossia di una composizione per grande orchestra in un solo movimento ininterrotto ma variamente articolato al suo interno, di strumentazione florida e di ampia ricchezza tematica), la musica di Smetana fa continuo ricorso non solo a motivi popolari ma anche a figure, immagini, luoghi e ricordi leggendari e storici, da essi traendo spunto per una rappresentazione fastosa di simboli che costituivano l’essenza stessa del patrimonio nazionale della sua terra d’origine. Non bisogna dimenticare che a quel tempo la Boemia era ancora sotto il giogo straniero e la causa del riscatto nazionale era un’aspirazione che trovava particolare risonanza negli artisti. Di questa aspirazione Smetana, irredentista convinto, si fece cantore e vate, in una visione ottimistica e a tratti addirittura trionfale dell’affrancamento del suo popolo in nome della grandezza delle sue tradizioni: in un certo senso prefigurando una musica celebrativa a futura memoria. Mà Vlast è, da questo punto di vista, ancora oggi un testo capitale per il riconoscimento di un’identità nazionale, linguistica e culturale. Per quanto ognuna delle sei pagine abbia un’autonomia e un riferimento a sé stante (e dunque possa essere eseguita anche da sola), è soltanto dal ciclo completo – sorta di inno in sei quadri idealmente complementari in lode di un’immaginaria geografia e storia nazionale – che si ricava compiutamente la vastità e l’unità di fondo della concezione di Smetana.
Tàbor e Blanìk
Tàbor e Blanìk, composti in coppia tra la fine del 1878 e l’inizio del 1879, celebrano l’epopea hussita, simbolo dell’era radiosa del passato nazionale, quando i riformatori, convinti della verità della loro fede religiosa, resistettero alla potenza della chiesa di Roma. Il primo, che prende il titolo dal nome della città dal 1400 sede di Jan Hus e dei suoi valorosi guerrieri, è tutto impostato su un solo motto, il corale hussita Kdoz jste Bozi bojovníci (Voi che siete combattenti di Dio), annunciato fin dall’inizio dai corni e riproposto insistentemente a piena orchestra con sempre più marcata carica patriottica. Il secondo, intitolato alla collina sacra dove gli eroi hussiti attendono di accorrere in aiuto della patria in pericolo, è una conclusione trionfale che alterna toni eroici a serene parentesi pastorali (oboe solo e corno in eco) e a marce grandiosamente scandite, per culminare nell’apoteosi finale del popolo risorto, della sua felicità e della sua gloria futura: e qui significativamente al tema del corale hussita, intonato dagli ottoni, si aggiunge il motivo iniziale di Vysehrad, a simboleggiare nel valore della fede la forte continuità del ciclo.
Gaetano Delogu / Orchestra Nazionale Sinfonica Ceca
Accademia Nazionale di Santa Cecilia – Stagione di musica sinfonica 2003-2004