Autodifesa di Don Ottavio

A

«Lo so che mi giudicano il personaggio più debole del Don Giovanni. Nel Purgatorio in cui sconto la mia eternità (giacché qualche peccatuccio ce l’ho pure io sulla coscienza…) mi diverto (si fa per dire) a leggere la bibliografia (detto fra noi: quante sciocchezze scrivete voi laggiù con la scusa del bicentenario di Mozart, pace all’anima sua). Guardate qua: ‘pallido innamorato’, ‘insipido languore’, ‘figura fredda’, ‘manichino’, ‘noioso’, ‘ridicolo’, ‘verboso’, ‘indefinito’, ‘irrilevante’, ‘Impotente!’. Ma vengano un po’ qua, che glielo faccio vedere io! Aspetta, ecco, qui va meglio: ‘statura di figura simbolica: la controparte di Don Giovanni’. Sicuro! ‘Immagine della Fedeltà, figura della Giustizia’. Ecco, giusto. Insomma, dai e dai qualcuno ha capito che ci sto a fare io nel Don Giovanni. È anche una questione di dignità: stile tragico, rango dell’opera seria, nobiltà di sentimenti e di comportamento, dopo tutto sono un Don anch’io, e di vecchio stampo. Bella consolazione. Al diavolo!

Che a Da Ponte non stessi simpatico, l’ho intuito subito. Arieggiava Metastasio, quell’ebreo convertito, e come sghignazzava mentre scriveva: ‘Amici miei, dopo eccessi si enormi dubitar non possiam che Don Giovanni non sia…’ Ma andiamo, chi parlava più così nel 1787, in un recitativo per di più? Lo so ben io che gli avrei fatto al mio tesoro intanto andate a consolar! E dalla sua pace, quante ne son dipese! Ho finto di non capire, e qui sta la mia grandezza: nel recitare una parte, nell’accettare un ruolo che era organico all’azione, specchio di altri destini, soffrendo il mio in silenzio e in solitudine. Ma Mozart, perdiana, almeno lui avrebbe dovuto capire! Come mi offende il suo distacco, l’ironia di quell’ “Ohimé, respiro”, la-do, fa-fa-do. Non sono mica fesso! So ben io come tra lor passata è la faccenda. E quei tenorini di grazia, poi, con quella voce belante e flebile, che mi fanno virtuoso ed esangue: come li spedirei volentieri all’inferno!

Ma io sono di un’altra razza. Sangue vivo, in carne ed ossa. Fosse stato per me, gliel’avrei fatto vedere io a quel bellimbusto di seduttore dei miei stivali! Altro che tribunali, ricorsi, come vuole dover, pietade, affetto… e invece, consola di qua, vendica di là, tutto per la mia forza d’animo di eroe d’altri tempi, fedele alle forme e, perché no, alle convenzioni. Tutto per quell’infingarda di Donna Anna. Un anno ancora, diceva. E intanto è scappata con un altro. Per fortuna ho incontrato Zerlina che aveva appena litigato con Masetto, già allora mi faceva gli occhi dolci… e poi un Don vale l’altro. Sicuro. Ma giuro che se rinasco voglio fare il gentiluomo, da baritono o da basso però. Sennò, meglio castrato, e che non se ne parli più!».

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