Attualità discografica

A

Opera e musica vocale

VERDI

Messa di Requiem

Elisabeth Schwarzkopf, Oralia Dominguez, Giuseppe Di Stefano, Cesare Siepi; Orchestra e Coro del Teatro alla Scala, direttore Victor De Sabata

(registrazione: 1954)

I Vespri Siciliani, sinfonia; La Traviata, preludi atti I e III; Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia di Roma, direttore Victor De Sabata

(registrazione: 1948)

ROSSINI

Guglielmo Tell, sinfonia; Orchestra dell’Accademia di Santa Cecilia, direttore Victor De Sabata (registrazione: 1948)

WAGNER

Tristan and Isolde, Preludio e morte di Isolde; Berliner Philharmoniker, direttore Victor De Sabata

(registrazione: 1939) Theorema 121.133/134 (2 Cd)

 

Seppure in un ascolto assai precario, che ci ricorda i tempi lontani in cui seguivamo le trasmissioni radiofoniche muniti di semplici radioline a transistor, come allo stadio, ed era comunque bellissimo immaginare tutto un mondo sonoro solo pallidamente evocato, questa registrazione della Messa di Requiem di Verdi diretta da De Sabata alla Scala nel 1954 conferma la statura di un artista mitico, che la mia generazione non ha conosciuto direttamente e di cui dunque non puo farsi

che un’idea alquanto vaga. S’intuisce, per restare alle schematizzazioni, che siamo di fronte all’anti-Toscanini, a una personalità d’interprete molto marcata e profonda, di stampo lirico più che drammatico. Ma ciò che probabilmente rendeva uniche al suo tempo le interpretazioni di De Sabata era la cultura del suono unita a un istinto rapinoso e bruciante soprattutto nella resa dei particolari: e questo il disco, almeno in questa edizione, non riesce proprio a dimostrarlo compiutamente. Non è che non si creda alla suggestione, semplicemente si deve lavorare di fantasia e sforzarsi di completarle con 1’immaginazione.

E’ il destino delle registrazioni storiche, non occorre scoprire 1’acqua calda. Ma una volta rilevata la prodigiosa tenuta dell’orchestra, la solenne scansione dei tempi, l’amore per la frase cantata e scolpita con emozione, incanto e decantazione in chiaroscuro più che canto spiegato e disteso,l’intensita di una pietas che a poco a poco si abbandona amaramente all’ineluttabilita della morte, senza chiedere altro che di poterne svelare il mistero per noi vivi, una volta rilevato tutto questo, vorremmo poter dare risposte più certe ai mille interrogativi che ne derivano: in altri termini, entrare nel vivo del suono e sentircene permeati. Per fare un solo esempio: il quartetto dei solisti, soprattutto la Schwarzkopf da un lato, Di Stefano dall’altro, sembra a volte uscire dalla visione di De Sabata e prendere strade piu libere. Eppure il senso dell’insieme è governato con un respiro ampio e sicuro, che non ammette deviazioni. Ciò che si percepisce è difficile da spiegare. Mancano negli attimi decisivi gli elementi per farlo; e nello stesso tempo tutti gli elementi sono 1ì, a portata di mano, in ogni particolare.

I brani che completano il secondo disco sono un concentrato di spasimi, di accensioni e di sospiri che lasciano una scia di luce al1’orizzonte e sprofondano nel buio: musica infinita racchiusa in brevi, fulminei istanti d’eternita. La leggenda di De Sabata non si racconta, si vive.

Musica Viva, n.7/8 – anno XVII

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