Abbado incanta Bolzano con la Quinta di Bruckner

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La presenza dell’orchestra giovanile Gustav Mahler è una consuetudine per Bolzano. Qui in estate essa svolge ormai stabilmente la preparazione della tournée europea, tenendovi a battesimo i programmi; che quest’anno erano poi due, con due distinti direttori, Riccardo Chailly e Claudio Abbado. Sabato sera al Palasport Abbado ha diretto i Canti e danze della morte di Musorgskij (solista il basso Dimitri Hvorostovsky) e la Quinta sinfonia di Bruckner è già prevista nei suoi prossimi concerti a Salisburgo il 21 e 22 agosto con i Wiener Philharmoniker, e tornerà l’anno venturo nella stagione dei Berliner.

Il cammino che porta dallo studio della partitura alla sua realizzazione attraverso lo stadio dell’apprendimento a memoria è per Abbado una questione eminentemente pratica, che richiede tempo e concentrazione. L’idea interpretativa non preesiste, ma si attua nella somma delle risposte che l’orchestra dà alle sollecitazioni del direttore. A questo lavoro di analisi capillare segue la sintesi, che spesso non è altro che la stabilizzazione di equilibri e proporzioni desunti da questa ricerca di un ordine creativo immanente.

È chiaro che la Gustav Mahler, con i suoi bravissimi strumentisti tutti attorno ai vent’anni, si presta benissimo alla prima fase, meno alla seconda. Soprattutto quando si tratti di una Sinfonia complessa e per molti versi «matura» come la Quinta di Bruckner: la risposta piú audace e insieme problematica ai piú grandiosi gesti eroici compiuti da Beethoven nel campo sinfonico. In nessuna altra opera Bruckner vi si accosta con tanta consapevolezza e orgoglio e nello stesso tempo il suo stile si afferma in modo meravigliosamente personale.

Ascoltandola nell’esecuzione dei ragazzi della Gustav Mahler si aveva l’impressione che ad essi sfuggisse la misura di ciò che stavano, con tanto impegno e bravura, suonando: soprattutto il significato delle ampiezze e dei confini di quelle frasi circolari perdute su orizzonti immensi, e tuttavia abbracciati con sguardo limpido, anche nelle intermittenti oscurità. Ed era invece a ciò che tendeva la visione di Ab-bado, a scoprire con emozione e sapere la sintesi di un linguaggio che si fa esperienza di suono, di materia, di vita, di conoscenza: una visione che andava al cuore di Bruckner tanto quanto si sforzava di farlo battere e palpitare nella risposta dell’orchestra. Ma c’è un tempo per tutto: e quello di Bruckner non è la spensierata giovinezza. Cosí, anche nelle tragiche liriche di Musorgskij, intonate con voce imperiosa e profondo pathos da Hvorostovsky, era la vita a reclamare i suoi diritti, non la morte: ma qui la resa era perfettamente adeguata, quasi commovente, come di chi invocasse la morte solo per cantare e celebrare la vita, senza distinzioni d’età.

da “”Il Giornale””

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