A Spoleto è la vittoria delle nuove voci femminili

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Nella «Cenerentola», ultima produzione del concorso per giovani cantanti

Deludenti invece gli interpreti maschili nell’opera di Rossini diretta dal bravo Bruno Aprea

 

Spoleto – Sono quarantacinque anni che il Teatro lirico sperimentale fondato da Adriano Belli esercita la sua attività con una formula semplice ma efficace: bandendo ogni anno, dopo aver scelto i titoli delle opere, un concorso per cantanti giovani e allestendo con questi, dopo un lungo periodo di preparazione, una breve stagione lirica. Spesso questa istituzione ha messo in luce talenti che si sono poi affermati nella carriera, svolgendo una funzione utile al ricambio delle forze che tengono in vita il repertorio del melodramma. L’intento formativo è essenziale nello svolgimento dei corsi ed è forse anche più importante dei risultati parziali a cui conduce. Ma il fatto che vi sia anche uno sbocco immediato nella rappresentazione di un’opera costringe a valutare anche questi.

La Cenerentola di Rossini, terza e ultima produzione dell’anno dopo Norma di Bellini e un dittico formato dal Satyricon di Maderna e dal Tabarro di Puccini (scelte opportunamente varie e assai impegnative), è adatta come poche altre opere a costituire un banco di prova in ogni senso attendibile: qui occorrono sette cantanti capaci di inserirsi in un meccanismo d’insieme che non ammette intoppi, giacché in questo sta il carattere specifico della commedia e della musica, e nello stesso tempo dotati ognuno di prerogative tecniche ed espressive distinte, inconfondibili.

Cogliere quel passaggio sottile in cui la consueta tipizzazione per ruoli e caratteri si fonde con una nuova visione delle virtualità del genere buffo nei suoi risvolti drammatici, lirici e sentimentali, aspetto che avvicina Rossini a Mozart, è la chiave che decide dell’entrata o meno nei tesori portentosi di quest’opera.

È un fatto di cui si è avuta l’ennesima conferma a Spoleto che oggi le voci femminili sono più avanti di quelle maschili. Cinzia Forte e Manuela Kriscak, per esempio, nei ruoli solo apparentemente secondari e pieni di insidie delle sorelle cattive, dimostravano di aver messo a punto le loro parti con un’aderenza quasi perfetta: spigliate nell’agire e pungenti senza strafare nelle loro entrate. E la stessa Cenerentola, senz’altro la sorpresa più lieta della serata, si è resa protagonista di una prova via via sempre più puntuale e convincente.

Sonia Ganassi non è un vero contralto rossiniano, ma possiede una voce opulenta, luminosa e molto ben governata: sale nel registro acuto senza perdere di smalto (brillantissime fra l’altro le sue variazioni nello spericolato rondò finale) e fraseggia con invidiabile sicurezza. Se darà più corpo al registro medio-grave, potrà proporsi in breve tempo per una splendida carriera belcantistica.

Problemi di vario genere, di tecnica e di stile, emergevano invece dagli interpreti maschili. Scommetteremmo sulle possibilità di Roberto De Candia (Dandini), a patto che evitasse fin da adesso di ingrossare innaturalmente la voce e di forzare l’espressione.

Per Don Ramiro, la scelta di Gregory Bonfatti si spiegava con la facilità dei suoi acuti, ma la voce è nell’insieme esile e stinta: tenori per questi ruoli, d’altronde, mancano dappertutto. Da risentire invece l’esuberante Fernand Michel Bernadi, ancora troppo giovane per Don Magnifico, ed Enrico Rinaldo, basso dal timbro denso ma sovente impastato.

Sono impressioni, queste, che forse non tengono conto, ingiustamente, delle premesse dell’iniziativa: non bisogna in fondo dimenticare che per tutti si trattava solo di primi passi. E se il risultato musicale era nel complesso così buono, il merito andava anche all’accurata, sensibilissima direzione di Bruno Aprea, che francamente non ricordavamo così bravo e preparato, e alla più che decorosa partecipazione di un’orchestra e di un coro provenienti da Budapest. La regia funzionale era di Italo Nunziata, le scene e i costumi, intonati al Caio Melisso, di Carlo Sala.

da “”Il Giornale””

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