Darius Milhaud – Le boeuf sur le toit
Figura di primo piano nella storia della musica francese tra le due guerre, autore di una produzione sterminata nei generi più diversi, Milhaud ha legato il suo nome alla fama del Gruppo dei Sei, movimento del quale fu sin dagli inizi protagonista indiscusso. Il balletto Le boeuf sur le toit (Il bue sul tetto) è quasi un manifesto programmatico del gruppo, nei quale si rendono evidenti gli intenti che esso promuoveva in un rinnovamento cui partecipavano simbolicamente tutte le arti: composto a Parigi nel 1919, il balletto dette lo spunto a Cocteau per uno spettacolo teatrale che fu rapprensentato alla Comédie des Champs-Elysées il 21 febbraio 1920, con la scenografia di Dufy e la collaborazione dei pagliacci del circo Medrano, i celebri Fratellini. Ispirandosi al curioso titolo, che è anche il nome di un locale mondano assai noto di Parigi, Cocteau creò sulla musica di Milhaud una breve farsa, ambientata nel mondo convulso e variopinto degli abituali frequentatori del bistro, gente di ogni condizioni sociale e nazione. L’animato e acceso conversare dà origine a una vera e propria rissa, sedata sul più bello in modo surreale e grottesco.
Nell’intitolare il suo balletto “”sinfonia cinematografica su motivi sudamericani”” (l’esecuzione che ascolteremo ne è la fantasia da concerto), Milhaud indicava in modo esplicito i caratteri principali della partitura: durante il suo soggiorno a Rio de Janeiro nel 1917-18, come addetto dell’ambasciata francese in Brasile, aveva avuto modo di familiarizzarsi con il folclore di quel paese, di quelle melodie e di quei ritmi subendo fortemente il fascino sino a esserne direttamente influenzato in molte composizioni del periodo immediatamente successivo, prima fra tutti Le boeuf sur le toit; dove gli echi del patrimonio popolare sudamericano si fondono con gli aspetti tipicamente latini del gusto musicale di Milhaud, tendenti a una viva immediatezza espressiva e ad una aggressiva anticonvenzionalità linguistica. Come scrive Armando Gentilucci, “”la sinfonia cinematografica sta appunto all’incrocio tra il gusto parigino postimpressionista e la letteratura folcloristica amante del colore, della brillantezza di timbro e del turgore melodico””. Ciò spiega anche il significato volutamente paradossale e spregiudicato, del sottotitolo: una serie eterogenea di brillanti e fantasmagoriche sequenze cinematografiche rese con uno stile baldanzosamente sinfonico, elaborato e denso.
Se l’esotismo ne è sostanza primaria, oltre che colore di fondo, il trattamento compositivo mira a una eloquente monumentalità costruttiva, alla acquisizione, in un impiego originalmente individuale, di tutte le tecniche linguistiche contemporanee, in primo luogo indirizzate verso l’ampliamento del concetto di tonalità. Il politonalismo, ossia la sovrapposizione di tonalità diverse che procedono insieme restando tuttavia distinte, è senza dubbio la caratteristica più vistosa della musica di Milhaud, in quest’opera assai adeguata al clima tumultuoso e concitato delle suggestioni poetiche e descrittive del balletto.
Ma accanto a essa vanno ricordate anche la varietà della scansione metrica, ricca di ritmi irregolari e incisivi, la piena lussureggiante dell’invenzione melodica, ora caricaturalmente enfatica ora calda e raffinata, la sapienza dell’orchestrazione, che passa da una rarefazione di chiara trasparenza impressionistica a impasti timbrici sgargianti, di brillantissima evidenza. Il tutto all’insegna dell’””eccesso””, della golosità smodata di creare effetti mirabolanti e aggressivi, nel cui sarcasmo antiromantico polemicamente antiaccademico, venato di realismo e allo stesso tempo di surrealismo, si cela la paura angosciosa di un vuoto e di uno smarrimento immensi.
Jan Latham-König / Orchestra Regionale Toscana
Orchestra Regionale Toscana, Marzo-novembre 1983, i concerti, i programmi, gli interpreti