Passione e idillio
Nella tormentata biografia di Wagner il nome di Mathilde Wesendonck occupa un posto importante, e non soltanto per le vicende di una storia d’amore dai contorni quanto mai burrascosi, ma anche per il riflesso artistico, mediato, che essa ebbe nella produzione del compositore, e segnatamente nella creazione dell’opera Tristan und Isolde. Mathilde Luckenmeyer (1828-1902) aveva 24 anni quando conobbe Wagner, allora trentanovenne in fuga dalla Germania, a Zurigo nel febbraio del 1852, dopo un concerto beethoveniano da lui diretto: sposata al ricco commerciante di tessuti Otto Wesendonck, si interessava di letteratura e di musica e dovette rimanere affascinata dalla personalità di quel direttore straordinario e ancor più straordinario musicista. Un famoso dipinto, oggi conservato a Bayreuth, la ritrae in atteggiamento sognante (gli occhi assorti in lontananza, le labbra appena increspate da un sorriso), avvolta in una ricca veste di velluto turchino ornato da pizzi e diademi, la mano sinistra mollemente abbandonata su un tavolo mentre la destra regge in grembo un libriccino di poesie e una coppia di rose rosse: una bellezza rinascimentale, addirittura classica nella sua compostezza.
Covata in segreto durante alcuni anni di assidue frequentazioni nella cerchia ristretta degli amici zurighesi, la passione scoppiò violenta alla fine dell’estate del 1857, quando Wagner abbandonò al secondo atto la composizione del Sigfrido per dedicarsi completamente al Tristano. È certo che Wagner nutrì per Mathilde un amore totale, ricambiato, anche se condizionato dalle difficoltà dell’ambiente in cui doveva realizzarsi. La presenza a Zurigo della moglie Minna e i debiti di riconoscenza verso Otto Wesendonck, suo benefattore e mecenate che nell’esilio l’aveva accolto generosamente in casa sua, fecero precipitare la situazione. Nel gennaio 1858 Wagner si allontanò dall’amante e da Zurigo; fattovi ritorno, fu costretto a subire l’umiliazione di uno scandalo provocato dalla gelosa e sospettosa Minna, che aveva intercettato una lettera inequivocabile diretta a Mathilde e accompagnata dallo schizzo a lapis del preludio del Tristano. Il 17 agosto, dopo giorni di tormento e di solitudine, Wagner lasciò definitivamente Zurigo per Venezia, affidando l’eutanasia del suo amore alle pagine più sublimi del secondo atto di Tristano.
Frutto di questa relazione con Mathilde, secondario rispetto al cosmo del Tristano ma dotato di una sua propria compiutezza e luce, furono le cinque poesie da lei scritte che Wagner musicò per voce femminile con accompagnamento di pianoforte tra il novembre 1857 e il maggio 1858, dunque nel periodo più ardente e contrastato del loro amore. Non si tratta obiettivamente di grandi versi (li proponiamo qui nella alata versione ritmica di Arrigo Boito), ma in essi Wagner riuscì a trasferire emozioni private e a racchiudere in unità frammenti di quel mondo poetico che in quel momento, umanamente e artisticamente, drammaticamente lo pervadeva. Per la pubblicazione, avvenuta nel 1862 ael segno di un maggiore distacco dall’urgenza emotiva che le aveva viste nascere, il compositore dette alle cinque poesie una disposizione diversa dalla successione cronologica in cui erano state composte: Der Engel (30 novembre 1857) rimase all’inizio del ciclo, ma Träume (4-5 dicembre) passò alla conclusione, Schmerzen (17-19 dicembre) al quarto posto, Stehe stilli (22 febbraio 1858) al secondo, Im Treibhaus (1° maggio) al terzo, ossia al centro. Si accentuava così l’appartenenza del ciclo stesso al mondo musicale del Tristano, resa ancor più evidente dal fatto che due dei cinque Lieder, indicati come “”studi preparatori per Tristano e Isotta“”, vennero poi rielaborati nell’opera: Im Treibhaus appunto, che anticipa alla lettera il preludio del terzo atto (salve naturalmente una diversa veste strumentale e una significativa trasposizione tonale, da re minore a fa minore, che traduce su un piano di desolazione cosmica il carattere di dolente mestizia del brano), e Träume, che si rifletterà con maggiori mutamenti nella sezione “”Moderatamente lento”” del duetto d’amore del secondo atto, il cosiddetto “”Inno alla notte”” sulle parole “”O sink hernieder, Nacht der Liebe”” (Su noi discendi, notte d’amore). Ma anche Stehe still! presenta un riferimento all’opera, nella forma di una citazione dal primo atto allora già musicato; mentre in Der Engel appare il tema della gioia d’amore dell’Oro del Reno: delicato omaggio pieno di teneri sottintesi che potevano essere espressi soltanto dalla musica. Ed è questa, nella decantazione della passione in idillio, la cifra stilistica dei Wesendonck-Lieder.
Essi furono scritti, come si è detto, per voce e pianoforte, con una sola eccezione per un’occasione particolare. Il 23 dicembre Mathilde compiva gli anni. E il 23 dicembre 1857 Richard le approntò un regalo davvero speciale: una serenata ai piedi della scalinata della villa fuori Zurigo dove i Wesendonck risiedevano (ma Otto quel giorno era assente per motivi d’affari), con il canto d’amore di Träume adattato per violino e piccola orchestra. Questo è dunque l’unico dei cinque Lieder su testi di Mathilde Wesendonck strumentato da Wagner stesso. Degli altri esistono due principali orchestrazioni. Una d’epoca, sontuosa e brillante, del famoso direttore d’orchestra, e amico personale di Wagner, Felix Mottl (1856-1911); l’altra, più raffinata e screziata, vero capolavoro d’intimità e di sensibilità, del compositore nostro contemporaneo Hans Werner Henze: ed è quest’ultima che ascolteremo stasera.
Wolfgang Sawallisch / Associazione Orchestra Filarmonica della Scala
Teatro alla Scala