Franz Joseph Haydn – Concerto in mi bemolle maggiore per tromba e orchestra HOB. VIIe:1

F

Franz Joseph Haydn – Concerto in mi bemolle maggiore per tromba e orchestra HOB. VIIe:1

 

Haydn compose questo Concerto nel 1796 per Anton Weidinger, solista di tromba nell’orchestra dell’Opera di corte di Vienna. Weidinger non era solo un virtuoso rinomato ma anche un innovatore della tecnica del suo strumento: aveva infatti realizzato un ingegnoso sistema di chiavi grazie al quale il clarino in mi bemolle (così era propriamente chiamato allora lo strumento) poteva ottenere non solo i suoni armonici naturali ma anche quasi tutta la scala cromatica, e lo aveva ribattezzato organisierte Trompete. Haydn sfruttò queste nuove possibilità con grande dovizia di trovate, lasciandc al solista lo spazio di prammatica senza tuttavia rinunciare a dare al Concerto una veste formale equi librata e compatta, del tutto degna di un congedo dalla maniera sinfonica. Il Concerto per tromba è infatti l’ultima composizione esclusivamente orchestrale di Haydn: dopo sarebbero venute le sei ul time Messe e due grandi oratori, la Creazione e le Stagioni.

Il Concerto si apre secondo tradizione con una introduzione dell’orchestra, preparatoria dell’entrata del solista, che subito si distingue per brillantezza e slancio, eleganza e varietà. Il primo tema presenta un disegno ascendente plasticamente profilato, cui si contrappone un passaggio cromatico di scendente, da cui nascerà, abbellito e fiorito da trilli, il secondo tema. Nell’elaborazione dello sviluppo i due temi, come spesso avviene in Haydn, sono trattati in modo da rivelare strette affinità: nell’ordine capiente della forma sonata, il solista ha modo di sbizzarrirsi in prodezze virtuosistiche e in volate di agilità, annunciando così la perentoria affermazione della cadenza, i cui sfavillii si propagano anche nella svelta conclusione del movimento.

Se nell’Allegro iniziale prevaleva l’aspetto della tecnica brillante, nel secondo, Andante, si spiegano le risorse della cantabilità, valorizzate anche timbricamente da una ricerca di colori orchestrali sapientemente integrati nella scrittura e suggestivamente adeguati nel carattere. Il Finale (Allegro) è nella forma del rondò: tornano a brillare i passaggi acrobatici del solista (di nuovo basati sulla novità delle invenzioni cromatiche), sostenuti dall’orchestra con un piglio di inesausta dinamicità.

Wolfgang Sawallisch / Associazione Orchestra Filarmonica della Scala
Teatro alla Scala

Articoli