Arnold Schönberg – Quartetto n. 2 in fa diesis minore op. 10, per due violini, viola, violoncello e una voce di soprano

A

Gli anni che vanno dal 1904 al 1910 sono fondamentali per l’evoluzione artistica di Arnold Schönberg e segnano una trasformazione del pensiero musicale che influenzò tutta la produzione posteriore del nostro secolo. Se con la Kammersymphonie op. 9, composta nel 1906 per 15 strumenti solisti, il musicista si era risolutamente avviato verso un modo d’espressione nuovo, proseguendo quella concentrazione dello spirito della forma-sonata in un tempo unico che già aveva caratterizzato il Primo Quartetto per archi op. 7 del 1905, con il Secondo Quartetto in fa diesis minore op. 10, iniziato nel 1907 e terminato nel 1908, Schönberg abbandona la forma in un solo tempo e pur mantenendo il riferimento a una tonalità d’impianto compie un passo decisivo verso la cosiddetta atonalità. Questo allontanamento dalla tonalità avviene nel corso del pezzo in modo progressivo, quasi programmatico: ognuno dei quattro movimenti conclude con una tonica, che rappresenta una tonalità, ma all’interno di ogni tempo, nella forma ciclica che vi si ripresenta, vi sono molte sezioni che terminano su tonalità d’affinità più o meno lontana da quella d’impianto e le terminazioni rinunciano agli accordi tradizionali della cadenza, evidenziando l’uso di collegamenti armonici extratonali esistenti nei temi. Il primo movimento, per esempio, è un tempo di sonata in cui la dialettica tematica è ancora contenuta entro i limiti di una tonalità (fa diesis minore), ma sembra ruotare su se stessa alla ricerca di una identità sfuggente, evitando di affermarsi per mezzo dello sviluppo ed eludendo lo stesso carattere della ripresa (che inizia in fa maggiore, passando poi solo gradualmente a fa diesis minore). Il secondo movimento, impiantato in re minore, presenta frequenti sconfinamenti in zone prive di un riferimento nell’ambito del sistema armonico tradizionale: è uno Scherzo demoniaco, irruente (il tempo è “”molto rapido””) e immerso nella tensione espressionista, a cui non si sottrae neppure la citazione, stridente nella sua ironia, di una popolare canzonetta viennese, “”O du lieber Augustin””. Il terzo tempo è in mi bemolle minore e a sua volta allargatissimo; il quarto e ultimo, pur terminando con un accordo di fa diesis maggiore, manca di armatura in chiave e si muove sostanzialmente nel-l’ambito della atonalità, di fatto rinunciando a un centro tonale. Questo accordo maggiore che conclude quasi inaspettatamente l’opera è simbolicamente l’ultimo scritto da Schönberg nella sua produzione di questi anni e suggella così irreversibilmente la fine dell’epoca tonale e l’inizio di un periodo compositivo basato sulla emancipazione della dissonanza. «Questo termine – affermò Schönberg molti anni dopo – significa che la comprensibilità della dissonanza viene considerata equivalente alla comprensibilità della consonanza». In realtà, Schönberg era consapevole degli ostacoli che si sarebbero frapposti alla comprensione della sua opera. In uno scritto intitolato “”come si resta soli””, che rievoca le prime esecuzioni dei suoi lavori, scrive a proposito di quella del Secondo Quartetto, avvenuta a Vienna il 21 dicembre 1908 ad opera del Quartetto Rosè e del soprano Marie Gutheil-Schoder: «Una delle esperienze peggiori la ebbi dopo l’esecuzione del Secondo Quartetto. Il pubblico ascoltò il primo tempo senza reagire né a favore né contro. Ma appena incominciò il secondo tempo, lo Scherzo, una parte del pubblico incominciò a ridere all’apparire di certi disegni che le sembravano strani, e continuò a scoppiare a ridere in molti passaggi di questo tempo […] Uno Scherzo è il tipo di musica che dovrebbe provocare allegria, e pertanto avrei capito qualcosa come un sorriso là dove ho combinato in modo tragicomico i miei temi su una canzone viennese molto popolare nella città, le cui parole possono essere tradotte così: “”Ahimè, povero ragazzo, tutto è perduto””, la canzone intitolata O, du lieber Augustin [O caro Augustin]: ma anche questo provocò uno scoppio di risa invece di un sorriso di comprensione. Da questo punto in avanti le cose andarono sempre peggio: sono sicuro che se il Quartetto Rosè avesse eseguito un quartetto di Haydn, il pubblico non avrebbe notato la differenza e avrebbe continuato le sue risate senza senso».

Aggiungendo poco dopo di essersi reso conto che la «tumultuosa opposizione a questo pezzo traeva origine dalle mie idee musicali e dal modo con il quale le avevo espresse», Schönberg mostra una consapevolezza assoluta della novità del suo linguaggio e delle sue scelte radicali. Non per questo se ne fa però un merito. Anzi, per giustificarne la necessità, nel ribadire che la funzione e la derivazione di questi procedimenti «potrà forse essere scoperta in un prossimo futuro», aggiunge semplicemente che «l’autore, nello scriverle, le ritenne gradevoli da un punto di vista psicologico». Si congiungono così i due motivi fondamentali di tali scelte: da un lato strutturali, dall’altro lato interiori. Da questo punto di vista, l’aggiunta negli ultimi due tempi di una voce di soprano che intona due poesie tratte dalla raccolta Der siebente Ring (Il settimo anello, Berlino 1907) di Stefan George non è soltanto una novità formale ma una precisa conseguenza della logica interna del pezzo, della sua grande concentrazione emotiva. Proprio per evitare che questa emotività diventi troppo drammatica, Schönberg struttura il terzo tempo, Litanei (Litania), nella forma del tema con variazioni: la rigorosa elaborazione delle variazioni garantisce l’unità strutturale nel momento stesso in cui esprime, in un perfetto amalgama tra musica e poesia, ogni mutamento di atmosfera e di carattere del testo. La logica tematica è a sua volta garantita dal fatto che il tema stesso risulta da una sintesi trasfigurata dei temi esposti nei movimenti precedenti, tale da portare solo nella prima variazione alla presentazione del tema principale vero e proprio. Queste trasformazioni si presentano ora in forma di melodia, ora in forma di accompagnamento contrappuntistico e armonico. Dopo un totale di cinque variazioni, una coda conduce al punto culminante, decantando l’essenza dei temi combinati in un breve postludio strumentale.

Il quarto tempo, Entrückung (Rapimento), si inizia con una introduzione che illustra la partenza dalla terra verso un altro pianeta. «Il poeta sognatore», scrive l’autore, «ha qui anticipato sensazioni che forse saranno presto confermate nella realtà. In questa introduzione si è cercato di illustrare il liberarsi dalla gravitazione, il passaggio attraverso le nubi a un’atmosfera sempre più sottile, l’oblio di tutte le preoccupazioni della vita terrena». La voce attacca chiarendo questo stato d’animo: «Io sento l’aria di un altro pianeta. Mi scolorano nel buio i volti benignamente a me prima rivolti». E quasi una dichiarazione di poetica, che la musica si incarica di ampliare in un’atmosfera dolce e soave, quasi di mistica rivelazione: come se nel rapporto tra la visione poetica, il significato emotivo della parola e l’espressione sonora, Schönberg ricercasse ora non solo una precisa risonanza e una necessità spirituale ma anche il segno e la verità del proprio linguaggio musicale.

Quartetto Arditti, Luisa Castellani
Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Gestione autonoma dei concerti – Stagione di musica da camera 1997-98

Articoli