George Rochberg
Caprice-variations
per violino solo
Il nome del compositore americano George Rochberg è pressoché sconosciuto in Italia, anche nell’ambito più ristretto degli addetti ai lavori. La sua storia, a quanto è dato saperne, sembra il modello della carriera di un compositore, appunto, americano, pieno di talento e di buona volontà, e dunque destinato a successi sicuri, almeno negli Stati Uniti. E difatti, in rapida carrellata: studi severi, ancorché cominciati in età relativamente tarda, presso importanti scuole di musica e università prestigiose, una borsa «Fulbright» per venire a perfezionarsi in Italia (qui Rochberg incontra Dallapiccola, e ne è fortemente impressionato), il ritorno negli Stati Uniti, un impiego con mansioni direttive dall’editore di musica Presser (il suo futuro editore, naturalmente), incarichi di rilievo come insegnante superiore, soprattutto all’Università della Pennsylvania. E nel frattempo una vasta e articolata attività di compositore, con sempre più frequenti commissioni ed esecuzioni.
Nell’unico articolo su Rochberg che siamo riusciti a rintracciare, apparso nel 1966 sulla rivista americana «The Musical Quarterly», si parla di lui, con un certo orgoglio, come di un compositore «il cui sviluppo è segnato da una serie di intensi contatti con alcune delle principali correnti estetiche del suo tempo». In principio seguace di Stravinsky, di Hindemith e specialmente di Bartók (che all’estensore dell’articolo paiono evidentemente quasi tutt’uno), diviene nei primi anni Cinquanta apostolo di Schönberg, poi, nel 1957, si converte a Webern; ma presto, giustamente, si ravvede: è del 1960 l’ultimo suo pezzo seriale, un Trio con pianoforte, dopodiché Rochberg sposa il riflusso, ridiventa «tonale» e mira soprattutto ad «assimilare gli elementi stilistici della tradizione in un linguaggio nuovo e più universale». In un saggio del 1971 intitolato The Avant Carde and the Aesthetics of Survival il nostro caldeggia un superamento delle nozioni convenzionali di «tradizione» e «avanguardia», schierandosi apertamente «for balance between reason and feeling».
Che cosa aspettarsi allora da un’opera dell’estrema maturità come Caprice-variations per violino solo, composta appunto nel 1970? Essendo la musica irreperibile, nulla possiamo anticipare se non che si tratta di cinquanta Variazioni su tema di Paganini, presumibilmente un Capriccio, con le quali Rochberg, non per primo ma certo temerariamente data la scelta dello strumento – proprio il violino solo di Paganini -, tenta di avvicinarsi a quella «completa riacquisizione di stili del passato» che ha ispirato le opere del suo tardo stile, spingendolo ad assemblare tecniche strumentali vecchie e nuove. Con quale fortuna, lo ascolteremo dunque insieme.
Gidon Kremer /Oleg Meissenberg
Ente autonomo del Teatro Comunale di Firenze, Stagione d’autunno 1984