Maurice Ravel – Valses nobies et sentimentales
Ispirandosi da vicino ai modelli di Schubert, che ne aveva scritti in gran numero contribuendo a consolidare la tradizione « viennese » di questa forma di danza, Ravel compose nel 1911 una serie di otto valzer per pianoforte, intitolandoli, schubertianamente appunto, « Valses nobles et sentimentales ». Quanto intenzionale e operante sul piano compositivo fosse stato l’accostamento al Maestro viennese, Ravel stesso lo sottolineò in uno scritto autobiografico: « Il titolo “”Valses nobles et sentimentales”” indica sufficientemente la mia intenzione di derivare da Schubert una serie di valzer. Il virtuosismo, principale caratteristica di « Gaspard de la nuit » (1908), è stato qui sostituito da una scrittura decisamente piú chiarificata e lineare ». Scritti dunque originariamente per pianoforte, gli otto brani furono orchestrati in occasione di uno spettacolo di balletto a cui partecipava la celebre ballerina russa Natascia Trouhanova, ed eseguiti sotto la direzione dello stesso Ravel in una serata che rimase memorabile nella pur densa storia artistica della Parigi di quegli anni, il 22 aprile 1912.
Nonostante il richiamo dichiarato a Schubert, le « Valses nobles et sentimentales » sono tipicamente raveliane per quanto riguarda l’atteggiamento di fronte alla tradizione viennese, che qui appare come rivisitata sotto cieli squisitamente parigini, secondo canoni di eleganza e di « décor » salottiero in cui tuttavia, dietro l’apparente disinvoltura di piacevoli atmosfere e la stessa lucentezza dello stile, emerge il fondo malinconico e amaro della poetica raveliana.
L’autore stesso, d’altra parte, ha avvalorato l’interpretazione di quest’opera come frutto di un sereno e disimpegnato gioco intellettuale apponendo all’inizio della partitura come epigrafe i versi di Henri de Régnier: « … le plaisir délicieux et toujours nouveau d’une occupation inutile ».
E in tutto e per tutto raveliane esse sono sul piano propriamente creativo, nella raffinatezza armonica che trova risorse nuovissime negli accostamenti politonali, nel ritmo che varia continuamente dall’interno la metrica fissa della misura ternaria del valzer con pause, sincopi, accenti spostati, contrasti di tempo fra gli stessi strumenti dell’orchestra. Timbricamente, poi, Ravel raggiunge una varietà di colori e di caratterizzazioni tale da far suonare del tutto legittima l’affermazione di Debussy subito dopo l’esecuzione dell’opera: « L’udito di Ravel è il piú raffinato che sia mai esistito »; e che trova ampia conferma, per fare solo due esempi, nel trattamento sulla struttura-base dell’orchestra sinfonica delle due arpe e della vasta, originale famiglia di strumenti a percussione.
Gli otto pezzi si susseguono senza soluzione di continuità con questi tempi: « Moderato », « Molto lento », « Moderato », « Molto animato », « Quasi lento », « Molto vivo », « Meno vivo », « Lento » (Epilogo) ; e per lo piú è una forma libera a trovare espressione con sottili relazioni soprattutto timbriche (come nel secondo, nel quarto e nel quinto valzer), mentre il terzo adombra la classica forma ternaria con Trio e ripresa e il sesto è imperniato sull’alternanza ritmica di 3/2 e 6/4. Il primo brano è caratterizzato dallo slancio ritmico e melodico che si ripete con vigore sempre crescente ma quasi ironicamente contraddetto da pungenti armonie; il settimo, « il piú caratteristico » secondo le parole di Ravel, è anche il piú complesso, presentando sezioni organicamente contrastanti in una sapiente disposizione di pieni e di vuoti, di tensioni e di distensioni, e introduce nell’atmosfera raccolta dell’epilogo, in cui vengono ripresi e portati a conclusione i temi piú importanti dei valzer precedenti.
Nel 1920 Ravel stesso immaginò un adattamento coreografico per la versione orchestrale delle « Valses », su un esile racconto dal titolo « Adelaide, o il linguaggio dei fiori », che accentuava ancora di piú i caratteri di garbo e di piacevolezza un poco increspata di questa affascinante partitura.
Peter Maag / Maria Tipo
Ente autonomo del Teatro Comunale di Firenze, Stagione Sinfonica d’autunno 1976