Mi spezzo ma non mi spiego

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La valanga di libri su Mozart che si è abbattuta sull’anno del bicentenario offre lo spunto per una premessa alla riflessione sullo stato della nostra editoria d’argomento musicale. Non è una premessa del tutto incoraggiante, ma nemmeno negativa. I criteri con i quali vengono scelti i libri da pubblicare continuano spesso a seguire la moda del momento e a puntare su sfruttamenti commerciali che si rivelano poi alquanto precari, almeno alla distanza. A differenza di quanto accade nel mercato discografico, quello editoriale non sembra avere ancora pensato a un censimento del suo pubblico potenziale: non si decide a stabilire una scala di priorità, di esigenze da tenere presenti per la crescita e la maturazione di questo pubblico.

Manca da noi una tradizione di media e alta divulgazione che possa fungere da supporto alle esperienze di coloro che ascoltano la musica, e che avrebbero bisogno di costruire quelle basi che la scuola per prima non offre. Solo una volta costituite queste basi, il discorso sulla musica potrà avviarsi superando anche pregiudiziali negative: fino a che punto spingersi nella trattazione tecnica, anche elementare, quale uso fare dell’analisi, come impiegare gli esempi musicali, e da quale punto partire per connettere la musica alle altre arti, al resto della cultura nelle sue più diverse manifestazioni. Senza aver chiarito questi presupposti, è impossibile anche distinguere le diverse fasce di pubblico a cui rivolgersi: quelle che richiedono di essere introdotte nel mondo della musica, e quelle che invece si aspettano stimoli per ulteriori approfondimenti, via via salendo fino a coloro che sono in qualche modo coinvolti professionalmente nell’interesse per la musica. Su un piano generale, gli editori più attenti alla musica si sono orientati su tre direttive principali: la pubblicazione di testi d’autore, la traduzione di opere ritenute importanti della musicologia straniera, i prodotti nazionali appositamente commissionati ai nostri studiosi. Esaminiamole una per una con alcuni esempi dell’ultimo anno, partendo proprio da Mozart.

Dello sterminato corpus dell’epistolario mozartiano si è principalmente privilegiato il tema del rapporto con le donne (Se, Bompiani), un epistolario più vasto si deve alle Edizioni Logos di Roma. Si tratta certamente di libri utili, anche se il tema a cui mirano pare un po’ riduttivo. Non si dimentichi che da noi mancano ancora le traduzioni di documenti fondamentali come quelli di Beethoven, Schumann o Wagner (di quest’ultimo una ristampa non pleonastica è quella degli Scritti su Beethoven della Passigli, che offre anche la prima edizione italiana del Libro bruno), e di altri epistolari di non minore importanza. Qui le lacune possono essere colmate solo a piccoli passi: ed è significativo in questo senso ricordare alme-no iniziative importanti come quelle degli scritti di Strauss (Note di passaggio, EDT) o il carteggio fra Strauss e Mahler (Se).

La EDT ha pubblicato anche i più bei documenti su Mozart, la prima biografia di Niemetschek e il Necrologio di Schlichtegroll (in un unico volume intitolato semplicemente Mozart). Senz’altro giustificate anche le traduzioni de due volumi mozartiani di Robbins Landon, il primo dedicato agli “”anni d’oro”” 1781-1791, il secondo all’ultimo anno (Garzanti), anche se a nostro avviso un tantino sopravvalutati, e dello studio molto particolareggiato ma di non facile lettura di Stefan Kunze (Il teatro di Mozart, Marsilio).

E gli italiani? Tanto la monografia scritta a quattro mani da Giovanni Carli Ballola e Roberto Parenti (Rusconi) quanto la biografia Amadeus di Claudio Casini (sempre Rusconi) sono ani-mate dal desiderio di avvicinare a Mozart ampi strati di pubblico, offrendosi alla lettura senza troppe preclusioni. Sono libri d’occasione di studiosi preparati, e anche smaliziati, che sfruttano bene l’interesse del momento. Più aristocratico e dotto, ma spontaneo e agile nel porgere la materia, è il saggio che Nino Pirrotta ha dedicato a Don Giovanni in musica (Marsilio), ennesima variazione su un tema già molto trattato. Casini, anche in qualità di direttore della collana “”La musica”” della Rusconi, è il più attivo nel tentare le strade della divulgazione secondo criteri monografici che scuole di pensiero oggi largamente dominanti (vedi Dahlhaus, di cui intanto sono usciti scritti fondamentali come Beethoven e il suo tempo, EDT e La musica dell’Ottocento, La Nuova Italia) hanno dichiarato superati: a lui si deve anche un saggio dall’ambizioso titolo L’arte di ascoltare la musica. Molto bello, nella collana Studio Tesi, il Cajkovskij di Aldo Nicastro, esauriente studio critico su un compositore che nel 1991 ha avuto molto successo come dimostra anche l’agile guida Invito all’ascolto di Cajkovskij di Luigi Bellingardi, la migliore fra quelle pubblicate da Mursia.

Un’indicazione isolata va senza dubbio al volume di scritti Un ragazzino all’Augusteo di Fedele D’Amico (Einaudi), a cui assegneremo la palma di oscar dell’anno.

Inserto redazionale allegato al n. 10, novembre 1991, de “Il giornale della musica”

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