Una wagneriana quasi perfetta

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Bayreuth – Gli assidui frequentatori di Bayreuth, i wagneriani più o meno perfetti, considerano ogni edizione del festival in cui manchi la Tetralogia un’edizione di passaggio. Quest’anno la Tetralogia è assente (se ne annuncia invece una nuova, e di non poco interesse, per l’anno prossimo, con la regia del “”terribile”” Harry Kupfer e la direzione di Daniel Barenboim), ma il festival è comunque tutt’altro che privo di attrattive. Bayreuth è sempre Bayreuth: ossia il termometro dello stato dell’interpretazione wagneriana. L’inevitabile processo di rinnovamento avviato da alcuni anni, a partire dalla memorabile Tetralogia del centenario di Boulez e Chéreau, percorre tre strade diverse ma non divergenti: quella dei direttori d’orchestra, delle messe in scena, dei cantanti. Con risultati non sempre ineccepibili, talvolta da consolidare.

Dei cinque titoli del cartellone 1987, solo uno è una nuova produzione, l’inaugurale Lohengrin, che presenta il debutto nei due ruoli principali di giovani cantanti quali Paul Frey e Nadine Secunde e soprattutto di Werner Herzog, fin qui mai accostatosi alla regia d’opera, fatta eccezione per il Doktor Faust di Busoni bolognese di due anni fa. Che anche Bayreuth accentri l’attenzione sulle nuove proposte registiche, puntando sul rischio dell’anticonvenzionale, è forse inevitabile data la penuria di grandi cantanti e direttori wagneriani: la scelta di Herzog è comunque ragionata e in un certo senso ecologica, stante l’ansia di purezza e di verità che pervade tanto quest’autore quanto l’opera a lui affidata.

Riprese dagli anni scorsi sono I maestri cantori, Parsifal, Tristano e Isolda e Tannhäuser, che completano il cartellone. Con alcune novità però. Debuttante nella commedia di Norimberga è il direttore Michael Schönwaldt, cui spetta il non facile compito di vivificare lo stantio allestimento dell’81 di Wolfgang Wagner. Sua è anche la messa in scena di Tannhäuser, che offrirà l’occasione per verificare gli eventuali progressi compiuti da Giuseppe Sinopoli come direttore wagneriano. E per restare ai direttori: Daniel Barenboim, assurto a uomo guida delle fortune musicali di Bayreuth, rileverà Levine nel Parsifal apocalittico e macchinoso di Gotz Friedrich, per poi riprendere il proprio posto a capo del Tristano fascinosissimo di Ponnelle, senza dubbio il più bello spettacolo visto a Bayreuth in questi ultimi anni e in assoluto una delle regie più geniali che si ricordino di questo capolavoro.

Come è consuetudine, ogni titolo è replicato cinque o sei volte, in modo da dare all’ascoltatore la possibilità di assistere a un intero ciclo a giorni vicini.

Il Giornale della Musica, n. 19, luglio-agosto 1987

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