La crisi in cui versano i teatri lirici in Italia, lungi dall’essere solo economica, si sta rivelando crisi di identità, e di funzione:
Non si tratta dunque di questo governo, ma di una generale sfiducia istituzionale verso il teatro lirico come fatto di tradizione e di cultura. E di questo occorre prendere atto. Quali le risposte allora?
Non bisogna dare per scontata la sopravvivenza dei teatri, appellandosi a valori non più socialmente condivisi allo stato attuale delle cose, ma rilanciare, se ci si crede, l’insostituibile funzione della musica e del teatro come strumento di formazione umana e spirituale. Accettare dunque il ridimensionamento e controbilanciarlo, quasi ripartendo da zero, con la nuda forza delle idee, dei progetti, delle invenzioni, delle convinzioni; una su tutte: che il teatro sia un luogo nel quale tutti possono trovare la propria ragione di essere. E ciò non può avvenire che credendo fermamente, senza compromessi o cadute, nel valore alto della cultura e dell’arte. È di questo valore che dovremmo riscoprire e divulgare coraggiosamente il significato. I teatri assomigliano oggi a catacombe nelle quali poche schiere di eletti continuano a officiare un rito antico. Sta a loro, alla loro determinazione, far sì che ci siano nuovi catecumeni, avviando in povertà di mezzi ma non di ideali un’opera di proselitismo.