Attualità discografica

A

Chopin – 49 Mazurke

Jean-Marc Luisada, pianoforte (registrazione: Amburgo, Friedrich-Ebert-Halle, novembre 1990; Hannover, Beethovensaal, settembre 1991; pubblicazione: 1992)

Deutsche Grammophon, 435 760-2 (2 Cd)

 

Istruzioni per l’uso. Evitate di prendere di petto queste registrazioni delle Mazurke di Chopin e di ascoltarle da cima a fondo per due ore e un quarto di seguito, magari illudendovi di imparare qualcosa dall’ordine cronologico in cui sono presentate, per numero d’opera: non è importante. Scegliete invece i pezzi che già conoscete, per cominciare, o quelli che più vi piacciono, se li ricordate; oppure andate a caso, saltando qua e là, cercando di rispettare la continuità all’interno di ogni singola opera (di solito il raggruppamento è per quattro, verso la fine per tre): talvolta (non sempre) scoprirete relazioni e richiami che li accomunano, i singoli pezzi, fino a dare l’impressione di una forma più estesa, se non unitaria. Tenete questi dischi, per un po’ di tempo, vicino all’apparecchio riproduttore, e tornateci quando avete un quarto d’ora libero: non è necessario che lo facciate sistematicamente. Eviterete così di fare un’indigestione, e di odiare poi a lungo quel tre quarti con l’accento spostato che della mazurka è il sale, non l’ingrediente primario. Poi, quando vi sarete familiarizzati con la forma e con lo stile, e avrete imparato a distinguere, ascoltatele pure tutte da cima a fondo, se proprio volete diventare dei mazurkologi doc.

Le Mazurke di Chopin contengono autentiche gemme, schegge metafisiche, pensieri alati, attimi fuggenti, immagini stilizzate. Ma sono soprattutto danze, colte e popolari, che trasfigurano il sentimento nazionale in idee, armonie e ritmi di cui il pianoforte – e il linguaggio che lo rappresenta – raccoglie la pura essenza. Schumann vi scorgeva “”cannoni nascosti tra i fiori””, Berlioz esaltava la singolarità di melodie che “”hanno qualcosa di ingenuamente selvaggio che seduce e conquista con la sua stessa stranezza””; a noi oggi appaiono soprattutto mondi in miniatura, nella cui perfezione la malinconia diviene ispirazione: erme solitarie sulla strada maestra del pianoforte romantico. Si vorrebbe suonarle noi stessi, più che ascoltarle eseguite da altri: non per nulla Benedetti Michelangeli, scegliendo fior da fiore, ci dava l’impressione che nessuno potesse coglierne altro che il profumo. E difatti pochi le suonano in concerto, in confronto agli altri lavori di Chopin.

Jean-Marc Luisada tenta l’impossibile della differenzazione su larga scala, della sistematica distinzione ed eleganza. Parrebbe interessante il suo lavoro sullo stile di Chopin, se appunto non prendesse di mira solo le Mazurke, e non volesse a ogni costo farne un prontuario di tutto un mondo poetico ed espressivo. Così smembrata nell’apparente coerenza del percorso unitario, ancorché non integrale, la catena a poco a poco si sfalda, e il profumo dilegua. Resta l’ossatura abbellita di graziosi rivestimenti, e lo sforzo reiterato del miracolo di un’illuminazione che non viene.

Musica Viva, n. 11 – anno XVI

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