Una chicca: la prima registrazione in lingua originale dell’Angelo di Fuoco di Prokofiev

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L’Angelo di Fuoco

Siegfried Lorenz (Ruprecht), Nadine Secunde (Renata), Rosemarie Lang (Ostessa), Ruthild Engert-Ely (Indovina/Madre superiora), Heinz Zednik (Agrippa von Nettesheim/Mefistofele), Petteri Saloma (Johann Faust), Kurt Moll (Inquisitore), Gösta Zachrisson (Jacob Glock/Dottore), Bryn Terfel (Mathias Wissmann/Garzone), Carl-Gustaf Holmgren (Oste), Marta e Maria Schele (due Novizie).

Gösta Ohlin’s Vocal Ensemble e Pro Musica Chamber Choir, Göteborg Symphony Orchestra, direttore Neeme Jarvi. (registrazione: Göteborg, Konserthus, 5/1990; produzione 1991)

2 Cd Deutsche Grammophon 431 669-2 DDD

 

Prokofiev ha lasciato in ogni genere musicale ampia testimonianza della sua arte. Ma anche nel suo caso sono relativamente poche le opere entrate stabilmente nel repertorio, e non sempre questa scelta esaurisce gli aspetti piu significativi della sua produzione. La discografia che lo riguarda offre dunque molti motivi di interesse per colmare queste lacune e avvicinarsi alla conoscenza di una delle personalità piu vive e varie del nostro secolo. Purtroppo alcuni titoli non vi sono rappresentati in modo adeguato, o non vi figurano affatto: ciò vale soprattutto per il teatro, che è il punto di riferimento essenziale per entrare nel mondo di Prokofiev e definirne il carattere.

E senz’altro strano che un’opera fondamentale come L ‘angelo di fuoco abbia avuto la sua prima registrazione in versione originale soltanto di recente (ne parla qui sopra Angelo Foletto). Ma le cose vanno male anche con le altre: a parte L ‘amore per le tre melarance, di cui esiste un’edizione anch’essa recente ma assai fiacca diretta da Kent Nagano (Vir 353 542-238, 2 Cd), mancano all’appello la giovanile e interessantissima Maddalena e Il giocatore (vecchie edizioni russe della Melodya sono da tempo fuori catalogo), Semen Kotko, Matrimonio al convento e soprattutto il tardo capolavoro Guerra e pace, di cui esiste solo 1’edizione del Teatro Bolscioi, direttore Alexander Melik Pashaiev, pubblicato dalla Emi, c 165/93716-19 (una registrazione di fortuna che riproduce dal vivo la rappresentazione avvenuta al Maggio Musicale Fiorentino nel 1953, in italiano e con molti tagli, è di difficile reperimento e non attendibile: Fonit Cetra Doc 77, 3 Lp). Questo stato di cose rispecchia uno strano destino che per tutta la vita sembrò perseguitare Prokofiev, il cui teatro aspetta ancora oggi una giusta e completa rivalutazione.

 

Grande virtuoso di pianoforte, compositore che fece di questo strumento un mezzo di espressione totale estendendone la tecnica tra modernità e tradizione, Prokofiev è autore di Nove Sonate e di Cinque Concerti per pianoforte e orchestra. Le une e gli altri sono disponibili in numerose esecuzioni, molte delle quali di sicura attrattiva. L’unica integrale delle Sonate a quella di Sandor (Fsm VXDS 121, 6 Cd), ma non si possono ignorare le presenze di grandi pianisti come Gilels nella Seconda (Rca GD 69098 QH), Richter nella Quarta (Fsm AS 334) e nella Ottava (Dg 423 573-2), Cliburn nella Sesta (Rca GD 87 941 QH); nella funambolica Settima, il pezzo da cui consiglieremmo di cominciare, 1’imbarazzo (e la varietà) è grande, tra Gould (Cbs Cd 42 150), Horowitz (Rca GD 60 377), Pollini (Dg 419 202-2 IMS) e ancora Richter (Rca GD 69 080 QH). Lo stesso discorso vale per i Concerti per pianoforte: chi si affidasse all’integrale Ashkenazy-Previn (Decca 425 570-2ZT, 2 Cd) andrebbe sul sicuro; ma come dimenticare il Primo e il Quinto nell’accoppiata moscovita Richter-Kondrashin (Fsm Str 10 024/6, 3 Cd) e lo splendido Terzo degli anni giovanili della Argerich e di Abbado coi Berliner (Dg 415 062-2)? E, per rimanere al pianoforte, forse Prokofiev potrebbe essere proficuamente accostato anzitutto con certi pezzi di carattere che ne rivelano tutta la dirompente carica inventiva: per esempio le Visions Fugitives op. 22, magari nella selezione di Rubinstein (Rca RD 85 670 QA), o nella quarta Suggestion Diabolique (d’obbligo Richter, Rca GD 69 079 QH), o ancora nella mirabolante Toccata op. 11 (inarrivabile Horowitz, Rca GD 60 377 QH).

 

Capitolo Sinfonie: quelle dispari sono frequentemente eseguite e non mancano di buoni riferimenti discografici. Non meno di venti sono le incisioni della Prima, la Classica: si va dall’ultima, un po’ troppo asciutta visione di Abbado (Dg 427 678-2) a quella accesissima di Bernstein (Cbs Cd 44 718), da quella personalissima di Karajan (Dg 400 034-2) a quella serenamente neoclassica di Marriner (Decca 417 734-2 ZS); qui le alternative sono consigliate. La Terza è disponibile nella misurata interpretazione di Järvi (Ko Ch Cd 8401), mentre la Quinta non può prescindere da interpretazioni storiche come quelle di Koussevitzky (Fsm AS 570), Mitropoulos (Fsm AS 525) e soprattutto Szell (purtroppo risulta fuori catalogo la vecchia incisione Cbs con 1’Orchestra di Cleveland; si può ripiegare su quella coi Wiener Symphoniker per apprezzarne comunque la qualita, Orfeo C 230 901). Avvantaggiata non solo dalla tecnica di registrazione è la recente, scintillante e assai bella edizione di Muti (Philips 432 083-2).

 

I1 Prokofiev orchestratore va pero cercato anche al di fuori delle Sinfonie, ed è un viaggio affascinante nella ricchezza di una tavolozza timbrica sempre nuova e sorprendente. La valorizzazione dello strumento solista non è disgiunta da quella dell’orchestra nei due Concerti per violino, di cui esistono ottime incisioni: anche se lontane nel tempo, e non ne mancano affatto di nuove, il Primo con Oistrach e Kondrashin (Rca GD 69 086 QH) e il Secondo con Stern e Bernstein (Cbs Cd 45 956) sono registrazioni che stanno ancora ai vertici della discografia di Prokofiev. E a proposito delle qualità dell’orchestratore: sarà anche eclettismo, ma partiture come Ala e Lolli (o Suite scita che dir si voglia) e Il buffone, per quanto ispirate a temi descrittivi, sono momenti ad alta tensione nella definizione di uno stile profondamente e inconfondibilmente individuale: per la prima Abbado (Dg 410 598-2), per la seconda Rohdestvensky (Tru Me 50) sono le edizioni di riferimento. Siamo entrati cosi nel settore del balletto, che presenta almeno un capolavoro: Romeo e Giulietta. Difficile scegliere fra le due incisioni integrali di Maazel (Decca 417 510-2 ZA, 2 Cd) e Ozawa (Dg 423 268-2, 2 Cd); e ancor più tra queue delle due fortunatissime Suites, cavalli di battaglia dei virtuosi della bacchetta: per un verso Rostropovich (Dg 410 519-2), per 1’altro Muti (Emi 567-747 004-2 T) ne danno interpretazioni esaltanti anche in disco.

Dal balletto alle colonne sonore che Prokofiev firmò per i film di Eisenstein, forse i lavori piu popolari che di lui ci rimangano: a ragione, certo, ma a patto di non equivocare sulla reale portata della straordinaria capacità di adattamento che gli era propria. Se qualcuno non possedesse già una delle tante edizioni disponibili (questa musica è tra 1’altro talmente ben scritta da arrivare sempre a far colpo), proporremmo per Aleksandr Nevskij Abbado (Dg 419 603-2) e per Ivan it Terribile Muti (Emi 555-769 584-2).

Per ultima, ma solo per sottolinearne la speciale importanza, viene la musica da camera. La palese estroversione di cui spesso si ammanta la musica di Prokofiev si tempera in queste pagine dove la scrittura mira a una compostezza che non e azzardato definire classica: nel magistrale controllo della materia e della forma se non nella proliferante ricchezza del linguaggio. Capolavori riconosciuti sono le due Sonate per violino e pianoforte (Mintz-Bronfman, Dg 423 575-2) e per violino solo (Kremer, Philips 426 387-2); ma anche la versione originale dell’op. 94 per flauto e pianoforte (Brunner-Lobanow, Tud 500 727) e la Sonata per violoncello e pianoforte op. 119 (Harrell-Ashkenazy, Decca 421 774-2ZK) si raccomandano per familiarizzarsi con lo stile estroso nel canto e graffiante nel ritmo della musica di Prokofiev. E basta ascoltare i 3 Lieder op. 68 nell’interpretazione di Schreier e Sawallisch al pianoforte (Philips 426 237-2) per apprezzare anche la luce rifratta nelle gemme della musica vocale.

E Pierino e il lupo? Ecco, se proprio volete un consiglio, non dategli troppo peso. E’ carino, spiritoso e fresco, ma è un Prokofiev piccolo piccolo, d’occasione: anche nella edizione multilingue diretta da Abbado (Sukowa, Carreras, Sting e naturalmente Benigni come narratori, Dg 427 678-Z) che in quest’ultimi tempi, col favore del centenario, ha impazzato sui mercati di tutto il mondo.

Musica Viva, n.11 – anno XV

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