Due rarità al Maggio con la Scotto primadonna

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Il dittico presentato al Teatro della Pergola come secondo spettacolo d’opera del 56° Maggio Musicale Fiorentino – Enoch Arden di Richard Strauss e La voix humaine di Francis Poulenc – aveva qualche buon motivo d’interesse, prontamente raccolto da un pubblico non foltissimo ma almeno adeguatamente partecipe alla serata. Oltre alla rarità dei pezzi, soprattutto del curioso melologo con accompagnamento di pianoforte che Strauss scrisse nel 1897 su testo di Alfred Tennyson, attirava la presenza di due illustri fiorentini d’adozione come Carlo Cecchi e Michele Campanella, impegnati in ruoli un po’ diversi dal solito, e quella invece assolutamente «in parte» di Renata Scotto nel monologo, questo interamente cantato, di Poulenc: una vera e propria sfida alle capacità drammatiche ed espressive di una primadonna in grado non solo di brillare ma un po’ anche di giocare col suo ruolo e col teatro.

Enoch Arden è un concentrato della ispirazione morale, laica e malinconica, di profondo spirito vittoriano, letterariamente affascinante, del suo autore. Strauss pensò di unire al testo di Tennyson un accompagnamento pianistico parco ma ingegnoso, che facesse da sfondo sonoro alla recitazione. Cecchi l’ha affrontata con eccessivo distacco, certo nel lodevole tentativo di non enfatizzare il testo, sfiorando però 1’inespressività: così sacrificando la traduzione di Quirino Principe, tanto sensibile alle sfumature quanto calcolata nel suo arco di luci e ombre. Fortuna che Campanella ne accendesse le intermittenze con bellissime intuizioni, oltre che con stile impeccabile. Resta il forte dubbio che di questo lavoro si possa dare una letteratura scenica in teatro, soprattutto non inventando niente per renderla giustificata, se non effetti di luce (di Guido Levi). Teatralissima è invece la Voix humaine di Poulenc, su testo fantasiosissimo di Jean Cocteau, che immagina l’ultimo dialogo telefonico di un’amante sul punto di essere abbandonata dal suo uomo. Al telefono è appunto lei, sicché del dialogo sentiamo solo una voce: che però tocca tutte le corde di un congedo appassionato, tra disperazione e ironia. La Scotto ha puntato tutto o quasi sulla disperazione, convincendoci che di amore si può morire, anche al telefono. Una interpretazione dunque un tantino a senso unico, ma di classe suprema, che le ha valso festeggiamenti calorosissimi. Buona la prova dell’orchestra diretta da Alain Guingal, e decorosa la regia di Raymond Gerome, su sobrie scene fatte in casa al risparmio ma con gusto.

Repliche domani, il 16 e 19 maggio

da “”Il Giornale””

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