Nei «Quaderni di musicologia» un omaggio con svista a Fedele d’Amico
<< Quando, nel febbraio 1990, il Consiglio direttivo della Società italiana di musicologia deliberò di dedicare un volume dei “”Quaderni della Rivista Italiana di Musicologia”” a Fedele d’Amico promuovendo una miscellanea di studi in suo onore nessuno sospettava quello che sarebbe successo di lí a pochi giorni, esattamente il 4 aprile, anzi eravamo tutti fiduciosi che l’illustre festeggiato avrebbe avuto il piacere (o forse anche il disappunto – chi ha conosciuto il suo carattere può ben immaginare quante critiche non avrebbe risparmiato a molti dei saggi qui pubblicati) di ricevere nelle sue stesse mani questo nostro “”omaggio””».
Sorvolando sul tono non proprio rassicurante di questa premessa di Agostino Ziino, presidente della Società italiana di musicologia e curatore dell’omaggio in questione, si ha un sobbalzo quando si incontra la data, rafforzata da quel filologico «esattamente», del 4 aprile. Che sarà mai accaduto di insospettabile quel giorno, se 1’illustre festeggiato» era già morto il 10 marzo, e per di piú dopo una lunga malattia, di cui si aveva avuto notizia ben prima della fatidica delibera musicologica del febbraio 1990?
Se l’errore non si riferisse a un fatto tragico e doloroso (giacché con D’Amico il 10 marzo 1990 è scomparsa una grande personalità della vita musicale italiana, e lo rimpiangiamo ancora), sarebbe comico. Ma D’Amico per primo ne riderebbe con una delle sue proverbiali battute, lui che oltretutto con la corporazione dei musicologi aveva sempre avuto poco a che spartire. E qui concordiamo con Ziino: avrebbe certamente mostrato un po’ di sarcasmo – non per il suo carattere, che era sí notoriamente aspro, ma com’è il carattere dei forti – di fronte a una miscellanea di 827 pagine di saggi e studi specialistici molti dei quali lontanissimi dal suo respiro di studioso sempre attento ai fatti concreti della musica, e fin troppo generoso di idee originali e di utili provocazioni. Li avrebbe senz’altro letti attentamente dalla prima all’ultima riga, perché tutto ciò che gli capitava sotto tiro lo incuriosiva; salvo forse sfoderare ancor piú gli aculei della sua intelligenza per quello che gli venisse espressamente dedicato (anche la durezza è una qualità dei forti): ricevendo qui solo per brevi tratti, esclusivamente nelle testimonianze di coloro che gli furono veramente affini, un’immagine riconoscibile di sé, dei suoi interessi.
Intendiamoci, un volume, anzi due ponderosi tomi come questi, intitolati Musica senza aggettivi e pubblicati da Olschki, di studi in onore di un personaggio significativo nella nostra cultura non debbono necessariamente riflettere gli interessi o la fisionomia di colui a cui sono dedicati. Ma chiunque abbia letto, a tacer di tutto il
resto, Un ragazzino all’Augusteo, l’ultima raccolta dei suoi scritti curata da Franco Serpa per Einaudi, vi troverà spunti così eccitanti da chiedersi perché, quando il destino ha fatto sì che la prevista Festschrift per D’Amico ne divenisse invece la commemorazione, non si potesse affidare organicamente a diversi studiosi e musicisti temi o soggetti davvero a lui cari e familiari: in altri termini, istituire con lui con colloquio affettuoso su aree comuni della storia e della critica, se non spiegare chi fosse e perché sia esistito D’Amico, anziché disperdere i contributi su terreni tanto eterogenei e secondari, specchio fedele non di lui, ma della ricerca d’archivio. Una delle virtú piú apprezzabili di D’Amico era la cocciuta risolutezza nell’andare al fondo delle cose, di rischiare infischiandosene delle catalogazioni e delle mode (come spiega almeno uno che lo conobbe bene, Jan Meyerowitz): dispiace invece che alcuni – non tutti, sia ben chiaro, e il lettore saprà distinguerli da solo – abbiano preferito cavarsela con argomenti plumbei e accademici, tangenziali alla critica così come egli la intendeva nei metodi e nei contenuti. E quanti assenti fra coloro che piú avrebbero meritato, caso mai, di esserci. Ma forse D’Amico è morto «esattamente il 4 aprile 1990», dunque è ancora fra noi: lo ritroveremo un giorno, vicinissimo come sempre alla musica che piú amava. Con o senza aggettivi.
da “”Il Giornale””