Ferrara – Naturalmente tutta la curiosità è per Abbado; come sarà la sua prima apparizione dopo le dimissioni da Vienna? Sarà un po’pallido, sofferente, offeso? Macché. Abbado è quello di sempre, non si cura delle apparenze: «basta coi discorsi», aveva tagliato corto poco prima, «il caso è chiuso, ora pensiamo alla musica». Come chi si sia tolto di dosso una preoccupazione, Abbado è disteso, sereno, anzi felice come da tempo non lo ricordavamo.
E lo si avverte subito nell’attacco straordinariamente morbido, intenso, vellutato del famoso tema della Rosamunda di Schubert: l’intermezzo al terzo atto accostato al secondo balletto delle musiche di scena. L’esecuzione è immacolata, le variazioni si dipanano con sempre maggiore calore espressivo, i «rubati» sono da antologia, questa è la Vienna di Abbado: la Chamber Orchestra of Europe si trasforma cesellando le frasi, ritrovando quella bellezza di suono che Harnoncourt, qui la settimana scorsa, aveva sacrificato in nome di altri valori.
Cosi la serata si accende, preparando l’esecuzione del Concerto in si bemolle maggiore K. 595 di Mozart, solista Maurizio Pollini. Il sodalizio fra i due è di antica data, masi rinnova ogni volta ai massimi livelli dell’interpretazione musicale: atto che scava nei suoni per cavarne non solo una logica architettonica e formale ma anche un sostrato di emozioni. A Pollini sembra stare a cuore soprattutto il lato intimo del Concerto, la concentrazione delle figure, la fluidità di un eloquio che con la sua purezza, la sua grazia, non sconfina mai, neppure nelle cadenze, nell’immagine convenzionale dello stile brillante. La riduzione di ogni aspetto esteriore è perseguita fino alle radici, con una delicatezza di tocco e una cura del fraseggio arioso rivolte a rendere percepibile la rarefazione, non la mancanza di affetti. E Abbado lo asseconda con una discrezione che non è rinuncia al confronto, ma disponibilità al colloquio, alla sintonia delle idee. L’Ambasciatore di Buona Volontà Barbara Hendricks (il concerto ha scopi benefici ed è in onore del 40° anniversario dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati) offre il suo contributo musicale nel mottetto Exsultate, jubilate di Mozart. Un po’ in difficoltà nelle parti apertamente virtuosistiche, in origine pensate per la voce d’angelo di un castrato, la Hendricks mette in mostra soprattutto la sua genuina musicalità, esaltandosi poi nel bellissimo spiritual eseguito come bis.
Infine Haydn, con la Sinfonia in sol maggiore n. 100 detta la «Militare». Abbado ne accentua i tratti che anticipano Beethoven nella serrata scansione dei ritmi e nella forte tensione dei contrasti, ma non tralascia la leggerezza e il brio di uno stile sinfonico palesemente influenzato dall’esperienza di Mozart (nelle reminiscenze tematiche e nel passaggio dal sol minore della Sinfonia K. 550 al sol maggiore di questa si ha quasi l’impressione che il discorso si saldi e prosegua) . Particolarmente riuscite, imponenti, le parti che giustificano l’appello dato alla Sinfonia, con l’inserzione della batteria militare nel secondo e nell’ultimo tempo: la fanfara della tromba che irrompe a prefigurare il Fidelio incunea già nello stile sinfonico dell’ultimo Haydn un carattere drammatico e morale. E nel senso di una pronunciata drammaticità portata allo scoperto va tutta quanta la lettura di Abbado.
Successo molto caldo con bis dell’ouverture delle Nozze di Figaro a conclusione del piú bel ciclo presentato finora da «Ferrara Musica». Che però non si chiude, dato che la Chamber Orchestra of Europe continuerà per altri tre anni ad avere qui la sua residenza italiana.
da “”Il Giornale””