Troppo approssimativa la regia di «Ruslan e Ljudmila» che ha chiuso la Sagra Musicale Umbra
Perugia – L’opera russa nasce con Una vita per lo zar di Glinka (1804-57), nel 1836. Glinka aveva frequentato le scuole dell’aristocrazia ed era stato avviato alla carriera ministeriale, che abbandonò quando si rese conto che non gli era necessaria per vivere e che altro era il suo destino. A deciderlo fu uno zio ricco che possedeva un’orchestra privata e che gli rivelò la passione per la musica. Come musicista fu un autodidatta e un dilettante, nel senso in cui lo furono i maggiori esponenti della scuola nazionale russa, a lui non poco debitori. Già autore celebrato di romanze da salotto, viaggiò in Italia e in Germania, approfondì con la teoria e con la pratica la conoscenza della musica e, una volta tornato in patria, decise che i tempi erano maturi per scrivere un’opera nella quale i suoi compatrioti potessero sentirsi a casa loro.
Con Una vita per lo zar Glinka realizzò ciò che nessun musicista uscito dalle accademie avrebbe potuto compiere: scelse un soggetto patriottico significativo della storia russa e lo compose nello spirito della musica popolare, dandogli una dimensione epica e corale. Del canto popolare ricostruì il ritmo, l’inflessione dell parlata e l’idioma, innestando l’affascinante stranezza della parola fatta melodia in una armonia estranea alle regole scolastiche e alle tradizioni occidentali. All’orchestra dette il compito di impreziosire con note vivaci e brillanti il colorito insolito ma non indistinto dei suoi sogni.
Se Una vita per lo zar è la scalata verso la conquista del teatro nazionale e delle sue propaggini storiche, Ruslan e Ljudmila, sua seconda e ultima opera (1842), è la discesa sull’altro versante: alla scoperta di un mondo di pura invenzione, romantico e russo insieme, mitico ed esotico, arricchito di immagini favolose. Il soggetto è questa volta fiabesco, ma la fonte letteraria – la ballata giovanile di Puskin moltiplica e affina spunti che affondano le loro radici nella fantasia popolare. La trama, il rapimento della principessa Ljudmila a opera di un perfido mago e la sua riconquista da parte del nobile Ruslan dopo estrose imprese, è fatta apposta per evocare regni incantati e personaggi meravigliosi, situasioni e avventure mirabolanti, comiche e drammatiche, ognuna delle quali riceve dal musicista una differente definizione stilistica. Tutto, in quest’opera di proporzioni immense, sembra una sfida per accumulare sorprese, senza alcuna preoccupazione di coerenza ed economia drammatica: ma nella discontinuità delle sue scene, occasione per inseminazioni fertili che daranno frutti lungo tutto il secolo, già si delinea la novità della forma a quadri staccati, che tanta parte avrà nel successivo sviluppo dell’opera russa.
L’edizione di Ruslan e Ljudmila che il Teatro di Mosca «Nuova Opera» ha portato a Perugia a conclusione della Sagra Musicale Umbra non voleva essere integrale, ma limitarsi a collegare le scene più rilevanti in una sequenza che ne rendesse la fragranza e l’originalità musicale: non sempre riuscendoci, per generale difetto di taglio e anche per alcune stravaganti soluzioni, come la posposizione dell’Ouverture alla fine. La direzione di Evgenij Kolobov non assicurava la tenuta dell’insieme, mentre le scene povere e una regia approssimativa ricreavano il clima della fiaba con ingenuità e con frequenti imbarazzi. Disomogenea anche la compagnia di canto, con qualche punta solo nelle figure femminili.
da “”Il Giornale””