Montepulciano – Tornato alla guida artistica Hans Werner Henze, il Cantiere Internazionale d’Arte ritrova le sue radici nella musica contemporanea ma non trascura di guardare a quella del passato riproponendo un titolo un tempo famoso: la Nina pazza per amore di Giovanni Paisiello. Particolarmente utile, nell’anno mozartiano, questa ricognizione su uno degli autori più illustri della scuola napoletana, che agì, accanto a molte altre esperienze, nel sostrato del genio di Mozart in modo riconoscibile; e addirittura meritoria, proprio perché inedita, l’idea di scegliere non la consueta versione in due atti con i recitativi musicati (che a Napoli inaugurò la fortuna dell’opera nel 1790) ma quella originaria in un solo atto e con i dialoghi parlati (che è dell’anno prima, 1789, e fu rappresentata in un palcoscenico all’aperto a San Leucio di Caserta per volere di Ferdinando IV).
L’accostamento al genere francese dell’opéra-comique e, successivamente, nel Singspiel rende piena giustizia all’esile spessore del lavoro e per converso lo arricchisce di un inconfondibile tratto stilistico, tra il fiabesco e l’onirico; e proprio sulla triade classica di «natura, semplicità e sentimento» aveva puntato il librettista Giuseppe Carpani, sostenitore di Haydn e poi ostinato difensore della tradizione viennese prebeethoveniana, nell’adattare in italiano una delle tante «comédies en prose
melées d’ariettes» di Marsollier, nel 1786 già musicata con lo stesso titolo da Dalayrac: col che l’aggancio a una precisa tradizione e alle sue convenzioni si chiarisce inequivocabilmente; rivelando semmai in questo «primo tentativo di simil genere in Italia» un’intenzione blandamente polemica del Carpani verso le nuove strade che l’opera veniva prendendo, in Italia e fuori.
Paisiello ne fece un capo d’opera di delicate mezzetinte, sfumando gli «acerbi casi» e i «lagni dell’amorosa impazzita» in un linguaggio supremamente stilizzato, indifferente alle complicazioni psicologiche e alle sottolineature drammatiche. Abbiamo qui davvero una commedia tutta teatrale, che della naturalezza e della sobrietà fa i suoi nuclei espressivi essenziali, talora realizzando una certa commistione dei generi (serio e buffo, di mezzo carattere e lacrimoso); orizzonte che nella fluidità degli ariosi e nella continuità del discorso orchestrale, con i fiati spesso emergenti, interferisce con quello di Mozart più che non si creda.
Con mezzi limitati, in un teatrino non molto confortevole come il Poliziano, i realizzatori dello spettacolo hanno aguzzato l’ingegno, lavorando con passione: le scene e i costumi di Nanà Cecchi erano semplici e suggestivi, rispettosa e affettuosa la regia di Mauro Conti. Markus Stenz ha confermato le sue promettentissime doti – del resto il Cantiere si è specializzato nel lancio di giovani direttori – e tra i cantanti, quasi tutti debuttanti, spiccavano la sensibile Cristina Barbieri (Nina) e il ben impostato Elio Ferretti (Lindoro, suo amante). Silvia da Ros, Mauro Utzeri e Umberto Chiummo completavano la locandina, accanto a una Giovane Sinfonica Berlinese verosimilmente studentesca (ma di studenti in gamba) e al coro da camera dell’Università di Bologna, invece chiaramente amatoriale.
«Nina pazza per amore» di Paisiello a Montepulciano (repliche 24 e 26 luglio)
da “”Il Giornale””