Riproposte le conferenze di Anton Weber dedicate allo sviluppo della musica dal gregoriano alla dodecafonia
Il cammino verso la nuova musica di Anton Webern è un piccolo libro che oggi si legge o si rilegge con nostalgia. Nostalgia non soltanto per ciò che avrebbe dovuto essere e non è stato (la morte tragicamente assurda di Webern nel 1945 ha privato la musica del secondo Novecento di una figura di riferimento essenziale, generando nel suo nome equivoci e radicalismi insensati), ma anche per un’epoca in cui la dignità e la vitalità della musica moderna, la sua necessità, erano molto più di un’illusione o di una speranza.
Questo libro raccoglie sedici brevi conferenze che Webern tenne per un circolo privato di ascoltatori a Vienna fra il 1932 e il 1933 allo scopo di illustrare lo sviluppo della musica dal canto gregoriano alla dodecafonia. Fu un discepolo di Webern, il musicologo Willi Reich, a trascrivere e ordinare i testi per la pubblicazione, avvenuta nel 1960 presso la Universal Edition (in Italia apparvero nel 1963, nella stessa traduzione di Giampiero Taverna ora riproposta nella collana “Saggi e Documenti” del Novecento dell’editore Se: perché tacerlo in questa ristampa?). Sviluppo, si è detto; ma meglio sarebbe precisare «cammino», termine che ricorre di continuo nelle argomentazioni di Webern e che è giustamente assunto da Reich come parola chiave del contenuto del libro. II cammino verso la nuova musica è la progressiva conquista del materiale sonoro fornito dalla natura e regolato dalle sue leggi in rapporto al senso dell’udito: una categoria astratta fino a che non venga collocata nelle condizioni e nelle aspirazioni di una fase determinata dell’evoluzione storica, nella quale a contare sono non i punti di vista ma i fatti.
Nuova, per Webern, è tutta la musica che non è mai stata detta prima. E dunque musica nuova è sia quella di mille anni fa che quella di oggi, purché si tratti dl musica che appaia (o che sia apparsa) come non mai detta prima. Ciò vale non solo a legittimare la musica moderna, quella che appare nuova per ll suo linguaggio e le sue forme, ma anche a individuare nel passato la tensione che fa scaturire da una situazione bloccata una nuova espressione, una nuova dinamica del linguaggio. In ogni fase si manifestano principi e leggi che discendono da un sistema universale, fondato sulla natura: citando il Goethe della Teoria dei colori, Webern afferma la necessità di «imparare a conoscere le leggi secondo cui la natura universale sotto l’aspetto particolare della natura umana vuol produrre e produce, quando può». L’uomo è soltanto il vaso in cui viene versato ciò che la natura universale vuole esprimere, nel momento in cui «le cose devono accadere».
Questa affermazione è risolutiva per il metodo analitico di Webern. L’analisi, anzi, è il mezzo attraverso cui dalle leggi fondamentali della creazione, semplici e vitali, positive e costruttive, si passa poi a dedurre il sistema particolare, in forza del quale si presenta il «nuovo attuale»; che non è dunque arbitrario o immaginario, ma anzi prodotto dl una necessità intrinseca alle cose stesse in cammino verso il mai detto prima. Con esempi probanti, Webern tocca 1 punti cruciali di questa evoluzione, nella quale ciò che conta non è «un qualcosa di estetico» ma l’impulso creativo delle regole, l’impegno spirituale a «vedere abissi là dove sono luoghi comuni»; e cioè la formazione della scala di sette suoni, su cui si basa la nostra musica occidentale, ll sistema modale e quello tonale, il contrappunto e l’armonia, fino alla scomparsa della tonalità e all’avvento della «composizione con dodici suoni in rapporto tra loro»: risultato della compenetrazione reciproca di contrappunto e armonia, dl due diverse maniere dl esprimersi più liberamente.
Per quanto denso sia il sostrato culturale e spirituale degli argomenti trattati, i1 tono dell’esposizione rimane piano, colloquiale: come di chi riveli verità tanto profonde quanto semplici. La forma tende alla sintesi, perché alla fine tutto deve tornare alla chiarezza di valori fondamentali: comprensibilità, coerenza, ordine, articolazione, unitarietà. Occorre rinunciare a ciò che è accessorio per scoprire la sostanza originaria di ciò che sta dietro all’apparenza: e la musica aforistica e folgorante dl Webern ne è la dimostrazione.
Questo processo rispecchia la vita, ne è anzi l’espressione più pura e concentrata. Proprio nel punto in cui si annuncia la necessità, interiore e storica, della scelta dodecafonica, Webern ha un sussulto e scrive: «Ciò che vi sto riferendo è in realtà la mia stessa vita. Tutto Il suo sconvolgimento ha avuto inizio da quando ho cominciato a comporre: del tutto dominante è divenuto nel periodo durante il quale sono stato allievo dl Schönberg. Da allora è già trascorso un quarto dl secolo». Ma anche il tempo che seguì non fu altro, per Webern, che riflessione e ulteriore, sempre più ardua compensazione dl quel rivolgimento: costruzione di un modo di pensare la musica capace dl guardare avanti senza rinnegare niente dl quanto era avvenuto. I legami con i1 passato erano molto forti. Sotto questo aspetto coloro che si sono ispirati a Webern per rinnegare la continuità con il passato – le avangua rdie del dopoguerra – hanno compiuto un misfatto di cui scontiamo ancora oggi le conseguenze.
Anton Webern, «II cammino verso la nuova musica», trad. di Giampiero Taverna, Se, pp. 114, lire 18.000
da “”Il Giornale””